Il lavoro, svolto dall’Università Campus Bio-Medico di Roma grazie al finanziamento della Regione Lazio, è stato coordinato dalla professoressa Marcella Trombetta, Coordinatore della Ricerca della Facoltà Dipartimentale di Ingegneria. La Simedet, Società italiana di Medicina diagnostica e terapeutica, ha patrocinato l’evento di presentazione: «Questo lavoro è un’espressione significativa e vincente di multiprofessionalità tra saperi e competenze diverse, tra Ingegneria e Medicina di laboratorio» ha affermato il Presidente Capuano
Quando Università, Regione e ricercatori si mettono insieme per raggiungere un obiettivo, la sinergia che ne nasce non può che essere virtuosa. Così è stato al Campus Bio-Medico di Roma dove il gioco di squadra ha portato alla creazione di una nuova matrice sintetica, Cytomatrix, capace di catturare, trattenere e conservare il materiale biologico proveniente da prelievi citologici, una innovazione che potrebbe rivoluzionare il mondo delle analisi e dell’agoaspirato con importanti conseguenze in ambito medico.
Deus ex machina di questo progetto è stata la professoressa Marcella Trombetta, già componente del Consiglio Superiore di Sanità e Coordinatore della Ricerca della Facoltà Dipartimentale di Ingegneria dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, che con tenacia ed entusiasmo ha creduto in questo progetto al “cento per cento italiano”.
Trombetta, che è anche membro della Commissione Grandi Rischi della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Comitato Tecnico Sanitario del Ministero della Salute, ha coordinato il progetto di trasferimento tecnologico “Cyto+ – Incremento del TRL della tecnologia CytoMatrix”, dell’Università Campus Bio-Medico di Roma svolto nell’ambito del progetto “INTESE: Innovazione e Trasferimento Tecnologico per Sostenere la fruizione dei risultati della ricerca sul territorio”, cofinanziato dalla Regione Lazio (prot. FILAS-RU-2014-1193).
«Il progetto Cytomatrix nasce per la necessità di ottenere il massimo delle informazioni di rilevanza diagnostica dal materiale citologico prelevato dalle lesioni dei pazienti – spiega la Dottoressa Anna Crescenzi, Responsabile UOC Anatomia Patologica Policlinico Campus Biomedico, a Sanità Informazione – La medicina moderna offre importanti opportunità di trattamento anche in casi di malattia avanzata ma perché la terapia sia efficace occorre ottenere molte informazioni dal materiale biologico prelevato. Queste servono a mirare la terapia alla specifica lesione (targeted therapy) e vanno dalla diagnosi morfologica alla analisi di alterazioni molecolari ed espressione di proteine. Perché queste analisi siano possibili è importante preservare al meglio tutto il materiale prelevato. Con questo intento nasce la matrice CytoMatrix che cattura e trattiene le cellule senza dispersione e permette multiple indagini sullo stesso campione».
La progettazione del supporto a matrice ha visto coinvolti medici, ingegneri e azienda, la UCS Diagnostic di Roma. Il 4 febbraio si è svolto un workshop che ha riunito i centri italiani che hanno partecipato alla sperimentazione per condividere vantaggi, criticità e risultati.
Fondamentale è stato il finanziamento della Regione Lazio: Cyto+ è un progetto di incremento di TRL (Technology Readiness Level: livello di maturità tecnologica) delle aziende del territorio che permette a un prodotto frutto della ricerca di arrivare da un livello di pre-industrializzazione al livello di produzione e di immissione sul mercato. La Regione Lazio, attraverso un bando pubblico, ha invitato tutte le università a presentare un progetto di finanziamento al salto di TRL di quelle che erano le piccole imprese presenti in regione.
Anche la Simedet, Società italiana di Medicina diagnostica e terapeutica ha sposato il progetto e ha patrocinato il workshop del 4 febbraio. «È molto positivo rilanciare e sviluppare i brevetti diagnostici con un incontro virtuoso tra aziende e ricerca biomedica e biotecnologica delle Università – ha commentato il Presidente della Simedet Fernando Capuano – Cytomatrix è un’espressione significativa e vincente di multiprofessionalità tra saperi e competenze diverse, tra Ingegneria e Medicina di laboratorio. Per questo siamo grati alla professoressa Marcella Trombetta e alla dottoressa Anna Crescenzi».
La nuova tecnologia permetterà una maggiore precisione, velocità e una sensibile diminuzione dei costi per analizzare un campione di agoaspirato: «Con Cytomatrix si riuscirà a diagnosticare meglio una patologia – spiega la Coordinatrice del progetto Marcella Trombetta – È la cosa più importante perché l’esito anatomo-patologico è quello che cambia il destino delle persone: in questo modo diamo al paziente la possibilità di effettuare una sola procedura agoaspirativa anche nei distretti più complessi e più difficili. Il nostro sistema funziona su tutti i distretti, dal polmone alla tiroide e persino alle urine. Riuscire ad avere un sistema che semplicemente dalle urine, senza neanche dover fare una invasione, riesce a catturare le eventuali cellule neoplastiche presenti e riuscire a dare una risposta valida e sicura ai colleghi che poi si occuperanno della terapia del paziente ci permette senza un grosso costo di arrivare a risultati importanti».
La procedura agoaspirativa è una procedura complessa e delicata che molto spesso, a seconda del distretto e a seconda del tipo di massa liquida del sistema, può dare degli artefatti, dei falsi positivi, può non essere significativa e, soprattutto, il suo trattamento porta a un grosso spreco del materiale citologico. Quindi molto spesso ci si ritrova a dover ripetere l’operazione soprattutto nel caso in cui si ha una positività.
«Siamo partiti dal chitosano – racconta Trombetta -: un polimero naturale usato ampiamente in medicina in particolare come coadiuvante nelle diete. È quello che viene fatto bere, si gonfia e riempie lo stomaco per mangiare meno. Viene usato come additivo, deriva dalla chitina che è l’esoscheletro di tutti i più famosi crostacei e abbiamo abbinato le capacità di questo polimero completamente naturale e quindi più affine con quelli che sono i tessuti naturali con le nostre capacità come centro di ricerca in ingegneria di produrre delle schiume polimeriche abbiamo prodotto questa spugnetta. Questo strumento aiuterà i nostri colleghi anatomo-patologi a riuscire a fare anche l’analisi della FISH e del DNA con una quantità di campione piccolissima senza dover ripetere la procedura agoaspirativa».
«Per i tecnici di laboratorio ci sarà una maggiore facilità di allestimento e una standardizzazione della metodica – sottolinea Roberto Virgili, coordinatore tecnici sanitari di Anatomia patologica del Campus Bio-medico – È di stimolo per una ulteriore formazione del personale tecnico sanitario e questa joint venture con il mondo industriale consente al tecnico di aprirsi nuove prospettive lavorative. È chiaro che devono nascere nuovi skills professionali. Qui al Campus Bio-medico stiamo cercando di mettere in piedi un corso di perfezionamento perché questo profilo tecnico sanitario possa diventare un profilo tecnico a disposizione del know-how aziendale».