STORIE RARE | «I primi sintomi sono comparsi a 18 anni: avevo difficoltà a parlare. Poi ho perso l’uso delle gambe e delle braccia, ma per fortuna grazie alle immunoglobuline ho recuperato l’autonomia. Ora le diagnosi sono più veloci». Così Moira Bressan, tra i protagonisti della campagna #lenostrestorie. Ilaria Ciancaleoni Bartoli (OMAR): «Le storie dei malati rari sono utili a pazienti e medici»
«Un giorno, durante un’interrogazione a scuola, ho iniziato ad avere difficoltà a pronunciare le parole con la lettera R. Avevo 18 anni. Poi ho iniziato ad avere sintomi infiammatori, per cui un semplice raffreddore o una febbre diventavano un problema grave. Braccia e gambe mi formicolavano, ma poi i sintomi regredivano da soli. Quando andavo dal medico di famiglia mi diceva che si trattava di stress, di un problema di natura psicologica. Ho seguito una terapia a base di vitamina E, che però non dava nessun risultato. Sono andata avanti così per 20 anni. Facevo di continuo esami e accertamenti, ma nessuno riusciva a capire cosa avessi. Per tutti quegli anni mi sono sentita una ‘X File’. Poi, nel 2012, ho perso l’uso delle gambe e delle braccia. Sono arrivata in ospedale tetraplegica, ho iniziato a prendere il cortisone ma poi, finalmente, mi hanno diagnosticato la polineuropatia cronica infiammatoria demielinizzante. Con le immunoglobuline, allora, sono riuscita a recuperare il grado di autonomia che ho adesso. Non è totale, ma almeno non ho bisogno di assistenza per vivere la mia vita».
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È il racconto di Moira Bressan, che abbiamo incontrato al convegno organizzato in Senato dall’Associazione italiana dei pazienti di neuropatie disimmuni CIDP Italia Onlus insieme a RARELAB. La sua è una malattia rara, che colpisce circa tre persone ogni 100mila. «Il mio è stato un percorso abbastanza lungo e tortuoso – prosegue – ma fortunatamente adesso le diagnosi vengono fatte molto più velocemente. Ovviamente questo consente un accesso alle cure più veloce, e quindi la possibilità di recuperare con più facilità la propria autonomia».
In occasione dell’incontro al Senato è stata presentata la campagna di sensibilizzazione #lenostrestorie, che vede tra i protagonisti anche Moira. «Le storie dei pazienti con malattie rare possono essere utili ai medici – spiega ai nostri microfoni la direttrice dell’Osservatorio Malattie Rare Ilaria Ciancaleoni Bartoli -. Facendo vedere i sintomi e spiegando il percorso di un malato raro, possono far sorgere nel medico quel dubbio che prima non ha avuto, e aiutare quindi meglio il proprio paziente, indirizzandolo sulla strada giusta».
«Ma queste storie– prosegue la direttrice di OMAR – sono importantissime anche per gli altri malati che non riescono ad arrivare ad una diagnosi. Possono infatti indirizzarli verso un altro specialista, che magari può arrivare ad una diagnosi, ma soprattutto servono per non sentirsi soli, un numero zero in mezzo al nulla. Sapere che si è parte di un gruppo, grande o piccolo che sia, è importantissimo. La solitudine aggrava la patologia, e di certo non aiuta a reagire».
Il consiglio che Ilaria Ciancaleoni Bartoli rivolge a quei pazienti che da anni cercano una diagnosi senza risultato è quello di «cercare un’associazione di pazienti per la propria patologia o per patologie con sintomi simili, perché magari lì c’è qualcuno che può aiutarli». Questo non significa autodiagnosticare la propria malattia, che «può precludere l’incontro con un centro di riferimento serio ed essere quindi un danno per il paziente», ma farsi un’idea basandosi «sui clinici e gli esami. Informarsi – conclude – è utile per saperne di più, ma poi la parola definitiva va lasciata ai medici».
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