Il presidente del Coordinamento Nazionale Associazioni Professioni Sanitarie traccia un bilancio a 20 anni dalla legge che ha segnato un passaggio decisivo: «Le nuove generazioni oggi hanno un panorama professionale completamente diverso. Mi riferisco soprattutto ai giovani: assistere a questo momento celebrativo significa anche conoscere la storia, conoscere il presupposto di quello che oggi si è»
Per le professioni sanitarie è tempo di bilanci. A 20 anni dalla legge 42 del 1999 e a un anno dalla legge 3 del 2018 che ha istituito il maxi Ordine TSRM e PSTRP, il percorso di crescita delle categorie non si è mai arrestato, un “cambiamento culturale e giuridico”, nella definizione di Antonio Bortone, Presidente del Coordinamento Nazionale Associazioni Professioni Sanitarie (CoNAPS). Ma la creazione dell’Ordine è solo l’ultimo tassello di un processo che va avanti dagli anni ’90 e che ha trovato un momento forse decisivo con la legge 42 del 1999 che sarà celebrata con un grande evento alla Camera dei deputati il 26 febbraio prossimo. La legge infatti abolì la denominazione di “professioni sanitarie ausiliarie” sostituendola con quella di “professioni sanitarie” e portando a compimento l’individuazione dei profili professionali. Di acqua sotto i ponti da allora ne è passata tanta e oggi l’Ordine delle professioni sanitarie (TSRM e PSTRP) è una realtà con 140mila iscritti. Ed è tempo dunque di guardare al futuro. «La sfida principale per il futuro delle professioni sanitarie è quella di continuare un percorso di crescita qualitativa e quindi potenziare, migliorare, accrescere la formazione anche in termini di piena corrispondenza con le figure omologhe a livello internazionale. Non dimentichiamoci che le nostre professioni sanitarie sono praticamente quasi le uniche nel perimetro internazionale con una formazione triennale. Potenziare la formazione, revisionare gli ordinamenti didattici rappresenta ormai un passo inevitabile di aggiornamento non solo didattico ma anche organizzativo e operativo» sottolinea a Sanità Informazione il presidente del Conaps Antonio Bortone.
Presidente, quali sono state le tappe più importanti questo percorso che si è concluso l’anno scorso con la legge istitutiva dell’Ordine delle professioni sanitarie?
«L’aspetto più significativo è collegato proprio all’avvento di quella legge. La legge 42 del 1999 rappresenta il vero dispositivo di norma che ha rivoluzionato lo status delle professioni facendole traghettare e quindi cambiando lo status da professione ausiliaria a professione sanitaria e come tale titolata, autonoma e direttamente responsabile delle scelte terapeutiche. Questo rappresenta il passo epocale con una vera e propria rivoluzione culturale che accadde nel 1999. Vero è che quella legge, giusto per ricondurla un po’ ai giorni nostri, conteneva nel comma 1 dell’articolo 1, del disegno di legge 4216 (all’epoca era scritto con questo numero) l’istituzione degli Ordini professionali e degli albi per quelle professioni che in quel momento diventavano professioni sanitarie. Quel comma 1 dell’articolo 1 non vide mai la luce. Ci sono voluti molti molti anni, la legge 3 del 2018, per poter completare quel percorso di riconoscimento non solo giuridico, ma anche culturale per le professioni sanitarie».
L’Ordine è la tappa conclusiva di questo percorso. Altre sfide attendono le professioni sanitarie che sono a tutti gli effetti un pilastro della sanità italiana. Quali sono le sfide per il futuro?
«Le sfide sono sempre costanti. Ogni epoca ha le proprie. La sfida principale per il futuro delle professioni sanitarie è quella di continuare un percorso di crescita qualitativa e quindi potenziare, migliorare, accrescere la formazione anche in termini di piena corrispondenza con le figure omologhe a livello internazionale. Non dimentichiamoci che le nostre professioni sanitarie sono praticamente quasi le uniche nel perimetro internazionale con una formazione triennale pur avendo una qualità assolutamente comparabile per niente in minus rispetto alle altre professioni, cioè rispetto ai nostri colleghi oltreconfine. Però potenziare la formazione, revisionare gli ordinamenti didattici rappresenta ormai un passo inevitabile di aggiornamento non solo didattico ma anche organizzativo e operativo. Per quanto riguarda gli aspetti prettamente occupazionali, le professioni sanitarie devono uscire da una dimensione oggi palesemente e vergognosamente sottovalutata, sottostimata in quanto c’è una depressione dal punto di vista economico in termini di riconoscimento e di inquadramento economico delle professioni sanitarie che ormai è un retaggio antico».
Da questo punto di vista l’Ordine può dare un contributo decisivo. I professionisti sanitari hanno capito l’importanza o c’è ancora un po’ di resistenza nell’iscrizione all’Ordine?
«No, la risposta è stata quasi sorprendente perché ad oggi annoveriamo già 140mila preiscrizioni a fronte di un dato stimato di 180mila attesi. Quindi ne mancherebbero 40-50mila al massimo che rappresentano un po’ i dormienti della popolazione professionale ma non dimentichiamoci che veniamo da tantissimi anni dove non c’è mai stata l’obbligatorietà di iscrizione e questo è difficile come cambio comportamentale, come cambio mentale, ma la risposta è stata immediata, perché se consideriamo che le iscrizioni sono partite il primo luglio, quindi in 8 mesi di attività abbiamo superato già abbondantemente il 75% del campione atteso considerando che questa fase transitoria ha termine fino a settembre di quest’anno, per cui voglio dire abbiamo tutto il tempo per fare gli ultimi passi applicativi della legge 3 del 2018 in maniera molto ponderata come stiamo facendo proprio mettendo in ordine soprattutto risolvendo anche situazioni qualitative e quantitative molto ingarbugliate che per decenni sono state lasciate sedimentare e sono diventate dei veri e propri problemi. Mi riferisco a quelle professioni, a quei professionisti che anticamente erano ricondotti a svolgere una posizione sanitaria ma che oggi formalmente non hanno dei titoli idonei per l’iscrizione all’albo e questo genera una situazione di impasse. Consideri che come ordine ce ne stiamo occupando di concerto con il Ministero della Salute e stiamo verificando la possibilità di risoluzione del problema in termini assolutamente corretti e coerenti con il quadro normativo vigente. Attenzione a non interpretare questo percorso come potenziali sanatorie perché di nessuna sanatoria si è mai parlato né tantomeno verrà applicata in chiave ordinistica».
Al convegno del 26 febbraio ci saranno tutti i protagonisti che hanno portato all’approvazione della legge 42 del 1999…
«Proprio così. È un evento celebrativo stante proprio la significatività della legge 42 del 1999 che ha aperto non solo un processo di riforma ma anche un cambiamento culturale. Ci sarà una dovuta passerella di tutti i protagonisti che all’epoca aiutarono e compirono questo successo in termini di riforma e di istituzione. Le professioni di oggi sono profondamente trasformate rispetto a quelle di ieri: non dimentichiamoci che quest’anno coincide anche con i 25 anni dell’istituzione dei profili professionali. Quindi abbiamo di fatto due celebrazioni in uno e con la legge 42 del 1999 si sono aperti i corsi di formazione in lauree. Come tali le nuove generazioni oggi hanno un panorama professionale completamente diverso. Mi riferisco soprattutto ai giovani: assistere a questo momento celebrativo significa anche conoscere la storia, conoscere il presupposto di quello che oggi si è».