Presentato il primo “Atlante” che evidenzia la mortalità di tutta la popolazione italiana, analizzando la diffusione di 35 patologie in funzione del grado d’istruzione e del livello socio-economico. Concetta Mirisola (Direttore Inmp): «Partendo da questi dati, certi ed incontrovertibili, è possibile mettere a punto un piano d’azione che tenga in considerazione le peculiarità e le necessità delle differenti aree geografiche»
Trascorrono per strada più tempo di chiunque altro, perché quella è la loro casa. Eppure chi passa per quelle stesse vie nemmeno li vede, quasi fossero invisibili. Accanto a queste persone ci sono coloro che, pur avendo un tetto sopra la testa, vivono in estrema povertà. Una condizione di disagio che accorcia la vita: gli uomini con un basso livello di istruzione vivono in media tre anni in meno del resto della popolazione. Per le donne il gap si riduce a 18 mesi. E chi vive nel Mezzogiorno a questo divario dovrà sommare uno svantaggio di un ulteriore anno di speranza di vita.
Queste sono solo alcune delle sfumature emerse dall’“Atlante italiano delle disuguaglianze di mortalità per livello di istruzione”, un quadro senza precedenti, realizzato dall’Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti e il contrasto delle malattie della Povertà (Inmp), in collaborazione con l’Istat.
«Per la prima volta – spiega il direttore generale dell’Inmp, Concetta Mirisola, ai microfoni di Sanità Informazione – abbiamo a disposizione uno studio che evidenzia la mortalità di 60 milioni di italiani, tra il 2012 e il 2014, correlata alle 35 patologie più diffuse, che rappresentano il 90% di tutte le malattie, in funzione del grado d’istruzione e, di conseguenza, del livello socio-economico».
Ad introdurre la presentazione dell’“Atlante” è stata la lectio magistralis del professore Michael Marmot, uno dei maggiori esperti mondiali sulle tematiche dell’equità nella salute. Ed è con lo stesso Marmot che il ministro della Salute, Giulia Grillo, si è confrontata sulle possibili strategie da mettere in campo per arginare queste evidenti condizioni di disparità. «Da questi dati – ha commentato il ministro Grillo – emerge l’esigenza di mettere l’equità al centro di ogni agenda politica. Spostando l’ago della bilancia verso l’equità si correggono le criticità in tema di istruzione, reddito, prima casa e di tutti quei determinati sociali che incidono per l’80% sulle risultanze di salute di un’intera popolazione».
Le persone con basso titolo di studio hanno una probabilità di morte superiore del 35% tra gli uomini e del 24% tra le donne. La quota di mortalità attribuibile alle condizioni socio-economiche e di vita associate alla scarsa istruzione è pari al 18% tra gli uomini e al 13% tra le donne. Nel Paese ci sono aree in cui la mortalità è più elevata rispetto alla media nazionale fino al 26% tra gli uomini e al 30% tra le donne, a parità di distribuzione per età e per titolo di studio. «La mortalità per tumori cresce da Sud verso Nord – ha aggiunto il direttore Mirisola -. Ci sono delle differenze anche tra est ed ovest: nel nord-ovest, ad esempio, sono più frequenti le malattie cerebrali».
Alle disuguaglianze di salute emerse sono correlati anche i diversi stili di vita, comprese le cattive abitudini come l’inattività fisica, il vizio fumo, il sovrappeso o l’obesità, fattori di rischio importanti per molte patologie, prime fra tutte le malattie cardiovascolari. «Gli stili di vita contano di certo – ha specificato il ministro della Salute, Giulia Grillo – ma è inutile insegnare “il mangiar bene” a chi non ha i soldi per poter accedere ad un’alimentazione più sana e, di conseguenza, più costosa».
In Italia, dunque, le disuguaglianze di mortalità sono ancora presenti, con un impatto più significativo nelle regioni più povere del Sud. Ma se i più istruiti hanno potuto raggiungere determinati livelli di mortalità, ciò significa che si possono ottenere gli stessi risultati per tutti. «L’Atlante – ha spiegato Concetta Mirisola – offre la possibilità di individuare la mortalità media e le cause correlate, per ogni singola Regione o Provincia. Partendo da questi dati, certi ed incontrovertibili, è possibile mettere a punto un piano d’azione che tenga in considerazione le peculiarità e le necessità delle differenti aree geografiche. Le persone meno istruite e con un basso reddito hanno, in generale, una maggiore difficoltà di accesso alle cure. Per questo – ha sottolineato il direttore generale Inmp – il nostro Istituto accoglie chiunque abbia bisogno di aiuto, in qualsiasi momento, sette giorni su sette. E chi non arriva da noi, viene raggiunto direttamente dal nostro camper, grazie al quale – ha concluso – andiamo nelle zone più disagiate per promuovere il culto della prevenzione».