In una conferenza alla Camera la presentazione dell’innovativo parere dell’istituzione presieduta da Lorenzo D’Avack: «È importante che chi desidera avere un incontro con la persona a cui sono stati donati gli organi riceva un consenso espresso e chiaro». La deputata Cinque Stelle: «Possiamo essere apripista in Europa»
Un parere che potrebbe rivoluzionare il settore dei trapianti. Lo ha formulato il Comitato Nazionale per la Bioetica presieduto dal professore Lorenzo D’Avack, dopo la richiesta inoltrata dal Centro Nazionale Trapianti. La questione è quella dell’obbligo all’anonimato a cui è tenuto il personale sanitario amministrativo in base alla legge 91 del 1999.
Secondo il Comitato bisogna distinguere tra il momento ‘antecedente’ al trapianto da quello ‘successivo’ all’avvenuto trapianto. Ritiene che «il principio dell’anonimato è indispensabile nella fase iniziale della donazione degli organi per conservare i requisiti di equità, garantiti da considerazioni rigorosamente oggettive, basate su criteri clinici e priorità nella lista e per evitare possibili compravendite». Tuttavia, in una fase successiva, trascorso un ragionevole lasso di tempo, «non è contrario ai principi etici che l’anonimato possa essere rimesso nella libera e consapevole disponibilità delle parti interessate, dopo il trapianto, per avere contatti ed incontri». In ogni caso il «futuro ed eventuale rapporto fra donatori e riceventi dovrà comunque essere gestito da una struttura terza nell’ambito del sistema sanitario, attraverso gli strumenti che si riterranno più idonei di modo che sia assicurato il rispetto dei principi cardine dei trapianti (privacy, gratuità, giustizia, solidarietà, beneficenza)».
Il parere è stato esposto in una conferenza stampa alla Camera dei deputati con Lorenzo D’Avack, Mariapia Garavaglia (Vice presidente del Comitato Nazionale per la Bioetica), Fabiola Bologna, deputato M5S, e Marco Galbiati, autore del libro “Il Tuo Cuore, la mia Stella”. Vale la pena sottolineare la toccante testimonianza dell’imprenditore Galbiati, che nel libro ha raccontato la sua difficile esperienza dopo la scomparsa del figlio Riccardo, morto per un infarto nel gennaio 2017 a soli 15 anni. Da allora lotta per conoscere le persone che hanno ricevuto gli organi del figlio, anche se le norme in vigore lo vietano. Qualcuno, con un messaggio anonimo, ha risposto al suo appello, segnalando il nome di Maurizio, il ragazzo che aveva ricevuto il rene.
«Nel parere abbiamo cercato di evidenziare tutte quelle che sono le ragioni che hanno spinto il legislatore fino ad oggi all’anonimato – sottolinea D’Avack a Sanità Informazione -. Naturalmente riteniamo che in una prima fase del trapianto l’anonimato deve essere assolutamente conservato. Invece in una seconda fase del trapianto, qualora vi sia un consenso esplicito dall’una e dall’altra parte, donatore e ricevente si possono anche incontrare. Questo grazie anche a un terzo mediatore che verifichi, a fronte della richiesta dell’uno che verrà trasmessa al secondo e alla risposta che verrà data dal secondo, la possibilità che si tratti realmente di una realtà corrisposta e tentare di evitare quei rischi che potrebbero nascere proprio dall’incontro stesso. C’è chi dice che potersi incontrare e potersi conoscere forse faciliti anche la spinta verso le donazioni degli organi. Insomma, devo dirle che questo dato noi del Comitato Nazionale di bioetica l’abbiamo tenuto presente però non l’abbiamo riscontrato da ciò che ci è pervenuto a livello statistico. Quello che invece è sicuramente importante è che chi desidera avere un incontro con la persona a cui sono stati donati gli organi riceva un consenso espresso, chiaro e che questo incontro sia un incontro fortunato, perché tenga conto che non sempre gli incontri potrebbero essere fortunati».
La questione trattata nella conferenza “Una riflessione sulla donazione degli organi” sarà presto oggetto anche di un progetto di legge che l’onorevole Fabiola Bologna, medico ed esponente della Commissione Affari Sociali, ha intenzione di presentare.
«È un tema molto delicato da affrontare in modo concreto. La maniera più concreta è quella di improntare il disegno di legge in modo che possa affrontare il diritto del ricevente e del donatore, guardando anche alle norme che abbiamo attualmente in Europa – sottolinea a Sanità Informazione Fabiola Bologna – Nella Ue non è possibile in questo momento far conoscere il ricevente e il donatore, però grazie all’impegno di questo papà, di Marco Galbiati, abbiamo avuto noi come Italia un parere dal Consiglio Nazionale di Bioetica che invece apre una possibilità, quella di far conoscere queste persone in maniera concreta ma anche corretta: cioè non all’inizio del trapianto ma dopo che sia passato un po’ di tempo e dopo che ci sia anche una mediazione per la conoscenza. A partire ciò noi vorremmo istruire un progetto di legge che possa ‘incorniciare’ questo parere del Comitato facendo tutto l’iter parlamentare in modo da portare avanti il tema che è delicato ma che non bisogna misconoscere, e dall’altra di farlo nella maniera più corretta possibile. In questo senso dovremo confrontarci anche con le norme europee e magari essere degli apripista per una evoluzione in favore dei diritti dei cittadini».