Il presidente della Società italiana di cure palliative: «Solo quando le leggi già approvate saranno pienamente attuate e il cittadino avrà a disposizione tutti i servizi a cui ha diritto, allora sarà possibile fare un’analisi delle reali richieste di eutanasia»
«Sono poche le persone che ricorrono all’eutanasia o al suicidio medicalmente assistito, anche in quei Paesi in cui è stata approvata una legge in materia». Lo dice Italo Penco, presidente della Sicp, la Società Italiana di Cure Palliative, per sottolineare che «approvare una legge sull’eutanasia non è così importante per l’Italia. Piuttosto – aggiunge Penco – bisognerebbe impegnarsi affinché le normative vigenti trovino una piena applicazione».
Un parere completamente opposto a quello espresso di recente dal ministro della Salute, Giulia Grillo, che ha definito La legge sull’eutanasia «assolutamente prioritaria. Abbiamo aspettato tanto – aveva dichiarato, in occasione della presentazione del Rapporto al Parlamento sulle cure palliative – e ora c’è anche una sollecitazione dalla Corte Costituzionale. Non so cosa serva ancora per spingere il Parlamento a legiferare».
Eppure per il presidente della Sicp la soluzione sarebbe racchiusa proprio nelle cure palliative «ancora troppo poco conosciute dalla maggior parte dei cittadini. La formazione – commenta Italo Penco ai microfoni di Sanità Informazione – è ancora indietro rispetto a quanto previsto dalla legge e le reti di cure palliative non sono ancora sviluppate in maniera omogenea su tutto il territorio. È evidente che se il malato viene lasciato solo con la sua sofferenza sarà più facilmente indotto a chiedere di mettere fine alla sua vita. Una richiesta di eutanasia o di suicidio medicalmente assistito avviene laddove non ci sono alternative».
Tuttavia, anche quando le cure palliative saranno pienamente disponibili su tutto il territorio nazionale, pur riducendo il ricorso all’eutanasia, non lo annullerebbero. «È indubbio – dice Itaolo Penco – che esistono delle situazioni particolari in cui, nonostante la possibilità di ricorrere alle cure palliative attive, il malato è talmente sofferente da non essere più in grado di tollerare il suo stato di malattia e pertanto richiederà di morire anticipatamente. Si tratta di casi che andrebbero studiati più attentamente da un punto di vista sia scientifico che epidemiologico per poter dare delle risposte. Questo perché le cure palliative per definizione “non prolungano la vita e non cercano nemmeno di ridurla”».
Una nuova legge creerebbe ulteriore confusione su un argomento già poco chiaro per molti cittadini. «Per il momento – sottolinea il presidente Sics – siamo contrari ad una legge così come è stata impostata: i primi due articoli relativi all’autodeterminazione del paziente sono stati già superati dalla Legge 219 sulle Disposizioni anticipate di trattamento (Dat)».
La priorità dovrebbe essere provvedere all’applicazione delle leggi già in vigore anche per poter effettuare una reale analisi dei bisogni dei cittadini: «Solo quando le leggi saranno attuate e il cittadino avrà a disposizione tutti i servizi a cui ha diritto, allora, solo in quel momento – conclude Penco – sarà possibile fare un’analisi delle reali richieste di eutanasia».