«La 548/1993 ha migliorato notevolmente la vita dei pazienti che però devono sostenere un carico di terapie importante, ad oggi irrinunciabile, che occupa buona parte della loro giornata. Lavoreremo per ridurlo». Queste le parole del responsabile del Centro fibrosi cistica dell’ospedale Gaslini di Genova
«Gli enormi passi avanti nella prevenzione e nella cura della fibrosi cistica sono da attribuire alla Legge 548/1993, che ha aperto la strada all’istituzione di centri specializzati e alla prescrizione di terapie. Posso assicurare che molti Paesi europei si trovano in una situazione molto più difficile della nostra e questo è un motivo di orgoglio». Con queste parole il dottor Carlo Castellani, responsabile del Centro fibrosi cistica dell’ospedale Gaslini di Genova, evidenzia i traguardi raggiunti nella cura della fibrosi cistica – una malattia genetica rara che colpisce pancreas, fegato e polmoni – nell’intervista rilasciata a Sanità Informazione a margine dell’evento “Fibrosi cistica: 25 anni di tutele e diritti dalla Legge 548/93: cosa è cambiato”.
La Legge 548/1993 ha permesso la creazione di centri specializzati nella cura della malattia in ogni Regione, ha stanziato fondi per la ricerca, assicurato la gratuità dei farmaci e implementato lo screening neonatale. Tuttavia, «i pazienti devono sostenere terapie complesse, che occupano buona parte della loro giornata: questo è uno dei punti su cui c’è ancora da lavorare» spiega il dottor Castellani.
Dottore, 25 anni dalla Legge 548/1993, nata per prevenire e gestire la fibrosi cistica. Tanti i passi avanti che sono stati fatti in questi anni, quali sono i più importanti?
«Sì, sono stati fatti tanti passi avanti. In questi 25 anni abbiamo visto la storia delle persone con fibrosi cistica cambiare: oggi chi ha questa malattia vive molto di più, ha una qualità di vita complessivamente migliore, ma c’è ancora da lavorare. Questo è gran parte da attribuire alla Legge, che ha aperto la strada all’istituzione dei centri, alla prescrizione di terapie e ha posto l’attenzione su tutti i fattori chiave che hanno contribuito ai successi ottenuti. Non è così dappertutto, ci sono molti Paesi europei che si trovano in una situazione molto più difficile della nostra, questo è un motivo di orgoglio».
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Qual è l’incidenza della malattia in Italia e quali sono le terapie?
«L’incidenza della malattia è ancora in parte motivo di discussione; possiamo dire che colpisce un bambino su 3000-4000 nuovi nati. Le terapie sono complesse: prevedono fisioterapia respiratoria, assunzione di antibiotici a volte cronica e a volte temporanea, somministrazione di estratti pancreatici, vitamine. Inoltre, si possono aggiungere terapie relative a possibili complicanze, in particolare nei pazienti adulti diabetici. Sono terapie complesse, questo è uno dei punti su cui c’è da lavorare. I pazienti stanno meglio ma a costo di un carico di terapie importanti che occupa una buona parte della loro giornata; sarebbe bene riuscire a lavorare in questo senso per ridurre il carico che ad oggi è irrinunciabile».
La Legge è applicata correttamente e in maniera omogenea a livello nazionale?
«L’applicazione della Legge risente delle caratteristiche della sanità italiana che è una sanità su base regionale. Questo riguarda, in parte, anche la 548/1993: l’esempio più eclatante è relativo allo screening neonatale che consente la diagnosi precoce che a sua volta permette di iniziare a curare presto chi è malato e ottimizzare le possibilità di un buon controllo della malattia. Di fatto, ormai quasi tutte le Regioni l’hanno fatto partire, ma c’è ancora qualche eccezione, nonostante sia uno screening obbligatorio per Legge».
Si tratta di una malattia dal forte impatto piscologico sui pazienti; quali sono ancora le criticità che incontrano nell’assistenza?
«A livello nazionale, alcune strutture hanno un’organizzazione più solida di altre: parte delle criticità riflettono un aspetto più generale, quello dell’integrazione di nuove figure professionali che andranno a sostituire i medici in pensione. Nei centri specializzati per la fibrosi cistica lavorano team multi-professionali ma quella del medico è la figura chiave ed il ricambio, in alcune realtà, è difficile».