La ‘madre’ della legge 3 del 2018 che ha riunito le professioni sanitarie nel maxi ordine TSRM e PSTRP spiega l’importanza della norma: «Gli ordini hanno non solo una capacità di intervenire sulla formazione e quindi sull’aggiornamento professionale ma anche di adottare provvedimenti disciplinari quando questi professionisti non rispettano il Codice deontologico»
«La legge che ha creato il maxi ordine delle professioni sanitarie è stata fondamentale per combattere l’abusivismo, ma ora bisogna lavorare anche sul piano culturale». Ha le idee chiare l’ex ministro della Salute Beatrice Lorenzin, che con la legge 3 del 2018 ha chiuso un percorso lungo oltre 20 anni che ha portato le professioni sanitarie all’interno dell’Ordine dei Tecnici Sanitari di Radiologia Medica e delle Professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione. L’ex Ministro, acclamata ai festeggiamenti per i 20 anni della legge 42 del 1999, ha sottolineato la necessità che ora gli ordini inizino a lavorare a una sorta di carta dei servizi e dei diritti del cittadino che permetta di orientarsi maggiormente: «Per questo – spiega Lorenzin a Sanità Informazione – ho sollecitato anche gli Ordini in questo lavoro proattivo nei confronti dell’esterno perché il cittadino è oggettivamente disorientato nella giungla che trova su Internet».
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Onorevole, cos’è cambiato con la legge 3 del 2018 che ha introdotto il maxi ordine delle professioni sanitarie?
«È cambiato moltissimo. Innanzitutto si è trovato lo strumento per combattere l’abusivismo sanitario, quindi quelli che hanno accesso agli ordini e ai collegi hanno determinati requisiti, hanno determinate qualifiche, hanno fatto un percorso di studi e di formazione. Per cui si è messo un punto definitivo a una serie di sotterfugi che purtroppo nei decenni si erano realizzati per cui c’erano persone che grazie a corsi di formazione regionali svolgevano una professione per l’altra. Così invece i cittadini hanno una garanzia. Bisognerebbe chiedere a un cittadino che per esempio va dal fisioterapista se vuole andare da un vero fisioterapista o da una persona che ha fatto un altro percorso ed è qualificata come tale. Questa è la prima cosa. Dall’altro lato gli ordini hanno non solo una capacità di intervenire sulla formazione e quindi sull’aggiornamento professionale ma anche di intervenire in modo disciplinare quando questi professionisti non rispettano il Codice deontologico, ed ecco lì immaginate quello che succede per i medici, gli infermieri ma anche per le altre professioni sanitarie. È estremamente importante che questo lavoro lo faccia l’ordine che ha una funzione pubblica ma che sta a metà tra il cittadino e l’erogatore del servizio che è lo Stato».
Tuttavia l’abusivismo ancora non è scomparso…
«C’è perché la tentazione fa l’uomo ladro. E quindi bisogna mettere gli strumenti per combatterlo e questa legge li ha dati. Dall’altro lato bisogna lavorare molto sulla cultura e quindi sul fatto che le persone si rivolgano a professionisti qualificati, che chiedano di vedere gli attestati che ne riconoscono l’identità, che non si facciano curare dal dottor Google e non diano retta anche a fantomatiche pubblicità che troviamo sui social network. Dobbiamo dare al cittadino una specie di carta dei servizi e dei propri diritti che gli permetta di orientarsi maggiormente in quella che è diventata una nuova era: per questo ho sollecitato anche gli Ordini in questo lavoro proattivo nei confronti dell’esterno perché il cittadino è oggettivamente disorientato nella giungla che trova su Internet».
Cosa ne pensa dell’elenco provvisorio sancito dall’ultima legge di Bilancio?
«Su questo sono intervenuta in modo abbastanza polemico. Adesso però gli Ordini so che sono a un tavolo tecnico con il Ministero proprio per cercare nel decreto attuativo di contenere quello che sicuramente è stato un danno. Anche lì io direi non disfiamo le cose buone, miglioriamo quelle che vanno migliorate».
Sono 20 anni dalla legge 42: nei prossimi 20 anni che ruolo avranno le professioni sanitarie nella sanità italiana?
«La sanità è già cambiata, è cambiata l’organizzazione dei reparti ospedalieri, con la telemedicina è cambiato il rapporto con il territorio, con le nuove tecnologie ci sarà una sempre più marcata domiciliarizzazione delle cure riducendo i costi e migliorando la qualità dei servizi. Cambierà perché avremo una popolazione costituita da una fascia anziana o molto vecchia che quindi avrà bisogno di un approccio diverso con il Sistema sanitario. La sfida è come farlo. Si può fare, bisogna farlo ora, avere una visione, integrare le professioni che a loro volta dovranno cambiare. Così come cambierà la formazione».