«Prima di quota 100 noi avevamo una carenza intorno ai 52-53mila, – spiega Tonino Aceti, portavoce della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche – con quota 100 se ne aggiungono altre 22-23mila unità che si aggiungono alle 10-11mila unità che sarebbero comunque uscite per pensionamento normale»
«Con quota 100 arriveremmo a una carenza generale di personale infermieristico all’interno del Servizio sanitario nazionale di circa 76mila unità». A lanciare l’allarme Tonino Aceti, portavoce della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI).
Una carenza, quella del personale infermieristico, che potrebbe esplodere nei prossimi mesi e colpire in misura maggiore i servizi sul territorio. «L’incidenza di queste carenze sarà soprattutto relativa alle regioni in piano di rientro – spiega Aceti – dove i livelli essenziali di assistenza sono già carenti e quindi andrebbe ad acuire un problema di tenuta dei servizi nei confronti delle comunità. I servizi sanitari che saranno maggiormente colpiti da questa carenza sono proprio i servizi sanitari territoriali perché il personale infermieristico più avanti con l’età è quello che nelle Aziende sanitarie locali viene spostato nella fase finale della propria carriera sui servizi territoriali. Quindi saranno l’assistenza domiciliare integrata e tutto quello che ruota attorno all’assistenza sanitaria territoriale ad essere le più penalizzate e questo avrà una ripercussione diretta su malati cronici, non autosufficienze, disabilità e così via. Si tratta di un combinato disposto di effetti che vanno a colpire le popolazioni più fragili. Proprio per questo noi abbiamo lanciato un appello chiedendo al governo di mettere mano immediatamente ora a delle misure che possano compensare questa emorragia di infermieri a seguito di quota 100».
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«Prima di quota 100 noi avevamo una carenza intorno ai 52-53mila, con quota 100 se ne aggiungono altre 22-23mila unità che si aggiungono alle 10-11mila unità che sarebbero comunque uscite per pensionamento normale. – continua il portavoce FNOPI – È un problema che viene da lontano, è un problema che si sta acuendo con questa normativa. Ovviamente il diritto al pensionamento è sacrosanto, ma c’è anche un diritto delle comunità ad avere nello stesso tempo servizi migliori attraverso un investimento contemporaneo alla fuoriuscita degli infermieri. Quindi dobbiamo investire ora, perché se escono gli infermieri dal Servizio sanitario nazionale noi abbiamo bisogno ora di innesti di personale che vadano a coprire.
«L’idea è quella di investire molto di più sul personale infermieristico, – conclude Tonino Aceti – perché oggi è quel tipo di personale che potrà effettivamente garantire la sostenibilità del servizio sanitario nazionale per i prossimi 40 anni e che potrà sostenere innanzitutto la salute dei cittadini in ogni parte del Paese perché un altro valore aggiunto del personale infermieristico è quello di ridurre le diseguaglianze del nostro paese. Nelle aree più disagiate, più interne del nostro Paese, laddove non ci sono servizi, l’infermieri può arrivare e può portare lì nelle case delle persone il Servizio sanitario pubblico».