«Può trovare spazio all’interno di una dieta varia e bilanciata», spiega la nutrizionista Susanna Bramante, ma il problema è la sua “cattiva” compagnia: patatine fritte, bevande zuccherate, salse e condimenti ricchi di sale e grassi
Il 28 maggio è la Giornata mondiale dell’hamburger, il medaglione di carne di origini tedesche ma emblema del food made in USA, amatissimo ormai anche dagli italiani. Secondo una recente ricerca Doxa quasiun italiano su tre afferma di mangiare il panino “all’americana” tutti i giorni, e l’80% dichiara di concederselo almeno una volta al mese.
LE ORIGINI
Il panino americano per eccellenza ha origini tedesche. Come ricorda l’associazione no profit Carni Sostenibili, hamburger deriva dalla parola “Hamburg” cioè Amburgo, la seconda città più grande della Germania. L’hamburger steak, poi solo hamburger, fa la sua comparsa nelle cronache culinarie americane a partire dalla prima metà dell’800 e a servirlo per la prima volta nel suo ristorante di New York nel 1873 è lo chef Charles Ranhofer. L’etimologia italiana del termine “svizzera”, parola con la quale si era soliti chiamare il medaglione di carne in Italia fino a qualche decennio fa, ha avuto origini simili. Svizzera, infatti, derivava da un piatto importato dal cantone tedesco dello stato elvetico.
L’HAMBURGER SINONIMO DI PANINO
«Può trovare spazio all’interno di una dieta varia e bilanciata», spiega la nutrizionista Susanna Bramante, con un lungo prontuario di “buone regole”. Dal punto di vista nutrizionale infatti siamo di fronte ad un pasto completo, ben bilanciato e perfettamente in linea con i dettami della Dieta Mediterranea. C’è tutto e nelle giuste proporzioni: i carboidrati complessi dati dal pane, le proteine nobili e i minerali della carne e del formaggio, le vitamine, antiossidanti e le fibre delle verdure, con un apporto di circa 300 Kcal, meno di un semplice piatto di pasta al pomodoro (449 Kcal).
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Ciò che rende l’hamburger un alimento “malsano” agli occhi del consumatore non deve essere il panino in sé, che non ha niente che non va, ma la sua cattiva “compagnia”: infatti viene solitamente accompagnato da patatine fritte, bevande zuccherate, salse e condimenti ricchi di sale e grassi, aggiungendo circa 400 Kcal in più che si possono evitare e attribuendo ingiustamente all’hamburger la fama di “junk food”.
Anche il pane spesso è troppo morbido e ricco di acqua, cosa che lo rende più difficilmente digeribile rispetto ad un pane con la crosta. Un pane dalla consistenza più dura, anche integrale, meglio se con la presenza di svariati tipi di semi interi e ben visibili, sarebbe l’ideale per avere un pasto ancora più completo, digeribile, bilanciato e sano.
Un’accortezza che bisogna avere è cercare di masticare bene e mangiare il panino lentamente: infatti l’hamburger è un pasto che si presta ad essere consumato troppo alla svelta, penalizzandone la digeribilità.
Il classico hamburger di carne rossa può essere inserito tranquillamente nel nostro menu una volta a settimana. L’hamburger di bovino per eccellenza si ottiene dai tagli della spalla con aggiunta della pancia per arricchire il sapore con un po’ di grasso, perché in effetti l’hamburger più gustoso e morbido contiene dal 12 al 15 % di grassi che in cottura in parte si disperdono. Per chi invece vuole fare una scelta più light, i tagli da scegliere sono quelli del posteriore, tagli con un contenuto in lipidi non superiore al 5%.
Via libera a piastre, griglie o padelle ben calde, ma non tutti sanno che per la cottura perfetta bisogna evitare di usare olio e lasciare la carne 10 minuti a temperatura ambiente prima di metterla sul fuoco per scongiurare che l’interno resti freddo. L’hamburger, poi, vuole una cottura serena, e se a guidare la scelta fra ben cotta o al sangue è solo il gusto, sul metodo non si transige: la carne non va assolutamente girata e rigirata in continuazione, bastano dai 2 ai 4 minutiper lato.
Trucco da chef per azzeccare il momento della giravolta? Osservare il bordo: quando la metà dello spessore avrà cambiato colore è ora di cuocere l’altro lato. Vietatissimo, infine, forare la carne con una forchetta, il risultato sarebbe quello di farle perdere preziosi succhi in cottura. Sempre valido il consiglio di non bruciare le superfici dei nostri medaglioni.