Successo per il corso in “Patient Engagement nella Ricerca e Sviluppo dei Farmaci Innovativi” di Eupati. Mazzariol: «Pazienti e medici mai in antitesi ma sempre in stretta sinergia perché devono sempre collaborare con un unico fine, dare il meglio nella gestione della patologia»
L’importanza della formazione è un mantra che vale non solo per i medici e gli operatori sanitari, per i quali è un anche un dovere deontologico, ma anche per i pazienti. Lo sanno bene coloro che hanno partecipato ai corsi Eupati – Accademia europea dei pazienti: da gennaio è stato attivato un corso tradotto in italiano per pazienti esperti della durata di 14 mesi in “Patient Engagement nella Ricerca e Sviluppo dei Farmaci Innovativi”. Per questo primo anno si sono iscritti 50 pazienti, caregiver e rappresentanti di pazienti provenienti da diverse regioni italiane. Ma cos’è Eupati? È un programma europeo nato nel 2012 con il fine di educare i pazienti e di coinvolgerli attivamente nel processo di ricerca, sperimentazione e sviluppo dei farmaci per un confronto costante e produttivo con gli enti decisionali. Da allora di acqua ne è passata sotto i ponti. Il corso in italiano sta avendo grande successo, come sottolinea a Sanità Informazione Stefano Mazzariol, padre di un bambino con la Distrofia muscolare di Duchenne e Vicepresidente di Parent Project Onlus, uno tra i primi 50 pazienti e familiari in Europa ad aver ricevuto il diploma di Paziente Esperto certificato da EUPATI. Chi raggiunge la qualifica di Paziente Esperto con il corso europeo Eupati ha un ruolo ben preciso: si fa portavoce dei bisogni di tutti i malati portando con sé il bagaglio delle loro esperienze “reali”, vissute a contatto con la patologia. Un bagaglio che può essere anche di stimolo per medici e operatori sanitari a completare il percorso dell’obbligo dell’aggiornamento professionale che, come testimonia il caso Aosta, non sempre viene adempiuto. «Io credo che la collaborazione sia fondamentale anche dal punto di vista della formazione. Sia i pazienti che i medici possono fare rete, fare squadra insieme per evolvere anche a livello di conoscenza per far sviluppare la ricerca e quindi diffondere le nuove conoscenze», sottolinea Mazzariol.
Come sta andando il primo corso in italiano di Eupati?
«Io ho portato la mia esperienza come partecipante a uno degli incontri di persona. Il corso prevede 6 incontri in presenza. Sono stato relatore a uno di questi sei. I riscontri sono estremamente positivo. Sono in contatto anche via social con i partecipanti al corso. C’è molto entusiasmo, c’è molta soddisfazione, vedo grandi commenti su quello che è lo svolgimento del corso sugli argomenti trattati».
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Che altre iniziative avete in mente?
«Io come paziente esperto collaboro quando ci sono delle attività. Sui farmaci biosimilari, sui farmaci generici. È stato redatto del materiale informativo sui farmaci biosimilari sempre in forma multistakeholder, c’ero io, uno psichiatra, un oncologo. Continuano i corsi dell’accademia dei pazienti un po’ itineranti sulla ricerca e sviluppo del farmaco, ci sono dei minicorsi anche con l’associazione Parent Project sulla distrofia di Duchenne una serie di minicorsi itineranti in varie zone d’Italia. Abbiamo fatto una collaborazione con l’associazione giornalisti in campo scientifico che ha fatto dei corsi di aggiornamento e tra i vari relatori era sempre stato inserito un paziente esperto Eupati. A Milano sono stato io relatore. E poi anche diversi meeting tematici che hanno visto la partecipazione di un paziente esperto come relatore. Adesso ce ne sarà uno sulla parte relativa allo sviluppo dell’intelligenza artificiale».
Voi pazienti state lavorando per formarvi a dovere e invece ci sono ancora dei camici bianchi che faticano a rispettare l’obbligo dell’aggiornamento professionale. Non le sembra una contraddizione?
«Noi possiamo fare qualcosa in questo senso, perché secondo me fare rete significa anche fare rete dal punto di vista formativo. Io stesso sono stato presente come relatore in convegni dove si parlava di ricerca, di aggiornamento. Magari organizzati anche da associazioni di pazienti ma dove si facevano delle panoramiche a livello di percorso di ricerca e sviluppo. Io credo che la collaborazione sia fondamentale anche dal punto di vista della formazione. Sia i pazienti che i medici possono fare rete, fare squadra insieme per evolvere anche a livello di conoscenza per far sviluppare la ricerca e quindi diffondere le nuove conoscenze. Mai in antitesi ma semplicemente in stretta sinergia perché medico e paziente devono sempre collaborare con un unico fine, dare il meglio nella gestione della patologia».
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Voi pazienti formati siete i primi a volere medici sempre più aggiornati…
«I pazienti formati sono degli ottimi collaboratori che possono essere di supporto oltre che al mondo della ricerca, alle case farmaceutiche, alle istituzioni, ai comitati etici, a tutti quelli che comunque si occupano di valutare e di autorizzare la parte relative alle nuove tecnologie, ai nuovi farmaci. Il paziente esperto diventa anche un interlocutore non dico alla pari perchè non ha la formazione strettamente medica però è un paziente che può collaborare molto con il medico di riferimento nello stabilire il percorso di presa in carico per esempio nel caso di malattie particolarmente complesse o capire come essere di supporto ai clinici che fanno trial clinici. Io stesso per esempio sono stato partecipe in più occasione in investigators meeting durante sperimentazioni cliniche nelle quali da paziente con una certa formazione importante nelle letture del protocollo della sperimentazione potevo portare un po’ la mia visione per superate le criticità che vedevo all’interno del protocollo dello studio».
Dunque, potete essere da stimolo ai camici bianchi su questo tema…
«Siamo da stimolo e da supporto per i medici. Noi abbiamo una visione quotidiana di chi vive spesso con patologie croniche, rare, oncologiche, abbiamo estrazioni molto diverse. Cerchiamo anche di fare rete tra di noi per condividere esperienze e poi le portiamo a tutti. Siamo di supporto al mondo della ricerca e quando possibile anche ai medici nel cercare di relazionarsi al meglio con i propri pazienti».