Il professore di Urologia della Sapienza commenta l’utilizzo della robotica nel suo settore: «L’urologo è quello che più di tutti utilizza il robot. Praticamente quasi tutte le procedure, non solo la prostatectomia radicale, ma anche interventi molto complessi tipo la rimozione della vescica o la ricostruzione anche dell’intestino totalmente intracorporea o ancora i grandi interventi di tumore del rene possono essere fatti con la robotica»
«Bisogna chiarire sempre col paziente che dietro il robot c’è il chirurgo con la sua esperienza, c’è l’intervento con le sue complicanze. Altrimenti si aprono le porte ai contenziosi». Il professor Michele Gallucci, luminare dell’urologia italiana, in occasione del convegno alla Sapienza dal titolo “La sicurezza delle cure e la tutela dei diritti”, chiarisce ai microfoni di Sanità Informazione che l’avvento delle nuove tecnologie, in urologia sempre più presenti, non mette al riparo dal rischio contenziosi.
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Gallucci, Professore di Urologia all’Università La Sapienza, già Direttore dell’Urologia all’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma, è stato da poco protagonista anche del XXVI Congresso Auro, l’Associazione degli urologi italiani, dove si è parlato delle nuove frontiere di cura in questo ambito, a cominciare dall’uso dei robot che hanno sicuramente facilitato il compito dell’urologo. Con Gallucci abbiamo fatto anche il punto sulle nuove terapie del carcinoma della prostata, uno dei tumori più diffusi tra gli uomini. «Un uomo su 7 si ammala di tumore della prostata. Abbiamo una grande curabilità del tumore della prostata in età giovanile e in età avanzata, se il cancro non è molto aggressivo, c’è la possibilità di controllarlo senza fare neanche interventi chirurgici», sottolinea Gallucci.
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Professore, l’uso della robotica in urologia sta avendo molto successo…
«La robotica in urologia è molto utilizzata, l’urologo è quello che più di tutti utilizza il robot. Praticamente quasi tutte le procedure, non solo la prostatectomia radicale come lei diceva, ma anche interventi molto complessi tipo la rimozione della vescica o la ricostruzione con l’intestino totalmente intracorporea o ancora i grandi interventi di tumore del rene possono essere fatti con la robotica. Questo naturalmente suscita grande interesse, solo che bisogna chiarire sempre col paziente che dietro il robot c’è il chirurgo con la sua esperienza, c’è l’intervento con le sue complicanze. Altrimenti si creano aspettative eccessive nel paziente che possono poi generare il contenzioso. Se il paziente crede che il robot faccia tutto da solo, cioè che il chirurgo preme un bottone, quindi che il robot fa tutto da solo e non può esserci una complicanza perché il robot è perfetto, beh questa non è una informazione corretta che noi diamo al paziente e questo apre, come per la chirurgia generale e la chirurgia a cielo aperto, l’argomento contenzioso».
Con l’invecchiamento della popolazione l’incidenza del carcinoma prostatico aumenta sempre di più, però è anche una malattia sempre più curabile…
«Io sono stato ‘fortunato’, tra virgolette, a fare l’urologo, perché quando io mi sono specializzato molti anni fa, la vita media arrivava a 72-73 anni. Oggi arriva a 85-86, quindi è esploso il problema del tumore della prostata: un uomo su 7 si ammala di tumore della prostata, una donna su 8 di tumore alla mammella. Abbiamo una grande curabilità del tumore della prostata in età giovanile, 50-60 anni, e nell’età avanzata è molto frequente. Però quando il tumore non è molto aggressivo c’è la possibilità di controllarlo senza fare neanche interventi chirurgici».
L’intervento è una eventualità ormai anche evitabile…
«Certo, nei casi non aggressivi si fa la sorveglianza attiva, nella persona molto anziana si sorveglia, negli altri casi c’è l’intervento ma ci sono anche altre possibilità terapeutiche come la radioterapia, la focal therapy, è un argomento oggigiorno molto discusso, quindi anche i presìdi terapeutici di giorno in giorno che ci sono presentati in termini di farmacologia, tecnologia, di tecniche radiologiche e chirurgiche: un mondo in evoluzione perché la popolazione lo richiede».