Ancora alti i gap assistenziali tra i diversi Servizi Sanitari Regionali. Ricorso a prestazioni private per il 33,2% nel Sud e nelle isole contro il 22,6% nel Nord-Ovest ed il 20,7% nel Nord-Est
«Il dato delle differenze territoriali ha una connotazione legata agli investimenti effettivi fatti nei servizi sanitari regionali, non è solo un tema di assistenza nell’immediato ma anche di capacità di rinnovamento delle tecnologie disponibili, della capacità attrattiva dei professionisti». È quanto spiegato da Marco Vecchietti, Ad Rbm Salute, in occasione del Welfare Day 2019.
È un dato di fatto quello della crescita delle disparità a livello territoriale riconducibile alla carenza strutturale di risorse e investimenti in alcune aree del Paese. Secondo il rapporto Rbm-Censis, il ricorso a prestazioni private nel Sud e nelle isole è del 33,2% contro il 22,6% nel Nord-Ovest ed il 20,7% nel Nord-Est. Le visite specialistiche a pagamento rappresentano il 32,1% nel Nord-Ovest e il 29% nel Nord-Est contro il 42% nel Sud e nelle isole. Alte anche le percentuali relative al ricorso ad accertamenti diagnostici a pagamento: 18,2% nel Nord-Ovest, il 18,3% nel Nord-Est contro il 29,2% nel Sud e nelle isole. Anche le prestazioni riabilitative confermano lo stesso andamento: 37,4% nel Nord-Ovest, 38% nel Nord-Est, 50,4% nel Centro e 45% nel Sud e nelle Isole.
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«Non è infrequente il caso di specialisti affermati del Sud che operano all’interno di strutture del Nord e poi i casi di migrazione dei pazienti del mezzogiorno, costretti a spostarsi verso il Mord per avere alcune prestazioni peraltro tra le più importanti – ha aggiunto Vecchietti -. Ricordiamo che la migrazione sanitaria è prettamente motivata da interventi di natura oncologica e cardiovascolare quindi per patologie croniche che incidono in modo importante sullo stato di salute della popolazione».
Le prospettive e le possibili soluzioni suggerite dal rapporto Rbm-Censis prevedono il supporto della sanità integrativa, che Vecchietti definisce «una leva importante in termini di perequazione dei livelli assistenziali tra le Regioni, da tenere fortemente in considerazione sia nella logica di ribilanciamento e sostenibilità del SSN sia in una logica di avvio del percorso di regionalismo differenziato, che deve essere differenziato ma non diseguale. Esperienze affrontate da altri Paesi europei come la Spagna e la Germania dimostrano come i fondi sanitari siano uno strumento particolarmente efficace per garantire riallineamento di livelli di base a tutta la popolazione a fronte di caratteristiche territoriali ma anche sanitarie differenziate nelle diverse aree geografiche di un Paese».
Importante dunque valutare il coinvolgimento diretto dei fondi sanitari e istituzionalizzare la sanità integrativa al fine di assicurare una gestione collettiva della spesa sanitaria privata attraverso un’intermediazione strutturata da parte di un secondo pilastro sanitario complementare da affiancare al SSN anche nella definizione delle policy regionali, «immaginando un percorso simile a quello della Conferenza Stato-Regioni per quanto riguarda il SSN – ha aggiunto in conclusione Vecchietti – che coinvolga direttamente gli operatori della sanità integrativa nella definizione di policy sanitarie territoriali, realizzando in questo modo un’integrazione tra il SSN e la sanità privata».