Le carenze sono evidenti soprattutto nei pronto soccorso. «Abbiamo circa 3 posti letto per mille abitanti – spiega Giambattista Catalini, direttore dell’unità operativa di Chirurgia generale del Presidio Ospedaliero di Camerino. Se la Germania è tra gli 8,2 e gli 8,4 mentre altri sono addirittura a 13, vuol dire che forse stiamo un po’ troppo strozzando la possibilità di ricezione per le cure successive»
Dalla sicurezza delle cure alla gestione del rischio clinico, la qualità del Servizio sanitario nazionale si misura anche con il benessere degli operatori della sanità. Questo uno dei punti affrontanti durante il convegno “La sicurezza delle cure e la tutela dei diritti”, un appuntamento che ormai si rinnova ogni anno all’Università Sapienza di Roma. L’evento, organizzato dal Professore Ordinario di Medicina Legale alla Sapienza di Roma, Paola Frati e il Professor Vittorio Fineschi, ha avuto tra i suoi relatori Giambattista Catalini, direttore dell’unità di Chirurgia generale dell’ospedale di Camerino che hai nostri microfoni ha spiegato la correlazione esistente tra l’errore medico e il sovraffollamento nelle strutture ospedaliere, un esempio su tutti: i pronto soccorso.
«Il sovraffollamento nei pronto soccorsi sono legati a un collo di bottiglia, – commenta il professor Catalini – perché non si ha poi la possibilità di smistare i pazienti che vi arrivano. Questo accade perché noi abbiamo circa 3 posti letto per mille abitanti. Se la Germania è tra gli 8,2 e gli 8,4 mentre altri sono addirittura a 13, vuol dire che forse stiamo un po’ troppo strozzando la possibilità di ricezione per le cure successive. È vero che c’è bisogno di posti per pazienti cronici, perché le disabilità legate all’aumento dell’età media, questo chiedono. È anche vero che le due “T”, cioè i traumi e i tumori sono le principali cause di morte. Allora un paziente traumatizzato, dove lo porti? Lo porti al pronto soccorso dell’ospedale pubblico, difficilmente una casa di cura privata fa urgenza o emergenza. Quindi è necessario rivedere questo numero. Roma ne è un esempio: causando l’intasamento, l’intasamento causa una discrepanza fra ciò che il paziente e i suoi familiari si aspettano dal trattamento di pronto soccorso e quindi si trovano davanti una lunga lista di attesa con operatori sfiniti e reagiscono in maniera esuberante, talvolta violenta».
A cambiare anche il rapporto tra medico e paziente. Rispetto al passato i camici bianchi hanno riscontrato la perdita del “rispetto” da parte dell’utenza nei confronti del proprio ruolo. «Le figure un po’ “carismatiche” sono venute a cadere quasi tutte. Può essere un bene, – spiega il primario di Camerino – può essere un male, questo non lo so. Però so che in talune situazioni il rispetto della gradazione dei ruoli c’è. Basti pensare anche al mondo religioso, basti pensare anche al mondo militare, c’è un rispetto. Al livello societario, nel mondo privato bancario o assicurativo, c’è un rispetto dei ruoli. Non lo abbiamo all’interno del pubblico. Non esiste proprio. Il primario, io lo sono da 15 anni, è responsabile di ogni cosa che accade nel suo reparto, ma non ha la possibilità di poter “gestire” per esempio il personale sanitario. Il personale sanitario è diverso dal personale medico. In Italia si tende a confondere l’atto sanitario con l’atto medico.
«La stessa legge Gelli parla degli esercenti le professioni sanitarie – continua Catalini -. Ora questo non sarebbe mai stato scritto quarant’anni fa e onestamente non credo sia un vantaggio. Chi ha un a laurea nelle professioni sanitarie fa un atto sanitario, chi ha una laurea in Medicina e Chirurgia fa un atto medico, non possono essere sovrapponibili, perché le due prestazioni non sono sovrapponibili. L’intervento chirurgico uno sceglie il chirurgo che lo fa, non lo fa uno laureato in professioni sanitarie. Coadiuva e partecipa, un ruolo sicuramente importante, con il chirurgo nell’atto medico, quindi c’è una collaborazione come giusto che sia tra atto sanitario e atto medico, ma non sono la stessa cosa».