Tre gli scenari che saranno ipotizzati: quello attuale, quello che utilizza le migliori tecnologie e il cosiddetto “scenario zero”, che prevede lo spegnimento dell’impianto e l’azzeramento delle emissioni. Il governatore della Puglia: «Solo una volta che si è stabilita la verità è possibile prendere delle decisioni»
Una valutazione terza e autorevole che possa finalmente definire una volta per tutte la questione dell’ex Ilva di Taranto, l’acciaieria più grande d’Europa che continua ad essere al centro dell’attenzione per via dei gravi danni alla salute che i suoi fumi provocano nella popolazione. Del resto la situazione resta preoccupante: pochi giorni fa il ministro della Salute Giulia Grillo ha sottolineato gli ultimi dati, secondo cui i ricoveri ospedalieri per le leucemie infantili nell’area di Taranto sono aumentate nel periodo 2014-2017 per i soggetti fra gli zero e i 19 anni.
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Ora la Regione Puglia guidata da Michele Emiliano si muove e chiama in causa direttamente l’Organizzazione Mondiale della Sanità a cui è stata commissionata una valutazione di impatto sanitario. Da trent’anni Taranto è definita area ad alto rischio ambientale. Lo studio prevede la valutazione in maniera scientifica di tre scenari: quello attuale, secondo quanto prevede l’autorizzazione integrata ambientale; quello che utilizza le migliori tecnologie; infine il cosiddetto “scenario zero” che prevede lo spegnimento dell’impianto e l’azzeramento delle emissioni. Si stima che i risultati si avranno nel giro di un anno. Il costo dell’operazione è di 140mila euro.
«È un atto di natura tecnica dalla forte valenza politica», ha sottolineato Emiliano nella conferenza stampa di presentazione alla Camera a cui ha partecipato anche Angelo Di Ponzio, papà di Giorgio, ragazzino di 15 anni, di Taranto, ucciso da un cancro.
Presidente, in cosa consiste questa valutazione di impatto sanitario commissionato all’OMS?
«È uno studio che corrisponde a una valutazione. Noi dobbiamo valutare se l’impianto industriale come definito dalle leggi italiane, quindi il piano ambientale di risanamento dell’Ilva, sia compatibile con la salute umana certificata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Ovviamente il parere e la valutazione saranno più complessi nel senso che entreranno nel merito di vari scenari che ci consentiranno poi di stabilire con quali tecnologie è possibile proseguire la fabbricazione dell’acciaio o se questa produzione sia impossibile per la tutela della salute umana. Siccome tutto questo non esiste, non è mai stato fatto nel nostro Paese, la Regione, nonostante l’intervento pesante del governo su questa fabbrica, è stata costretta a questo atto per avere finalmente dei dati obiettivi sui quali poi fare le valutazioni di legge».
Dunque a lei spetta il compito di tutelare la salute dei cittadini, salvaguardare l’ambiente ma anche tutelare i lavoratori: ci potrebbe essere una riconversione?
«Una volta che è stabilita la verità e si è fatto lo scenario è possibile prendere delle decisioni. Se si decide di innovare la struttura tecnologica della fabbrica anche perché l’Unione europea oggi consente nuovamente di finanziare questa innovazione tecnologica nella produzione dell’acciaio per abbassare le emissioni di CO2, le emissioni nocive, allora si lavorerà in quella direzione; se viceversa si valuta che questa fabbrica, nonostante l’innovazione tecnologica la più moderna possibile, non è compatibile con la salute umana, bisogna prendere in considerazione l’ipotesi di chiuderla con un processo di reindustrializzazione».