«Ad oggi, ribadiamo che l’accesso a Medicina deve seguire il modello a numero programmato e l’abilitazione alla professione medica deve integrarsi perfettamente al percorso universitario dello studente». Così Manfredi Greco, presidente SISM
«La nostra riflessione cerca di svincolarsi dalla visione puramente numerica del problema ed affronta temi quali la qualità della formazione in medicina e la stima del reale fabbisogno di salute del territorio». Con queste parole Manfredi Greco, in qualità di Presidente Nazionale del Segretariato Italiano Studenti in Medicina (SISM) – associazione nazionale cui afferiscono circa 10mila soci distribuiti in 39 sedi universitarie – ha commentato l’incremento dei posti nei Corsi di Laurea in Medicina e ha deciso di esprimere le sue perplessità.
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«Esprimiamo forte preoccupazione riguardo la possibilità che un incremento dei posti messi a disposizione senza un correlato aumento delle risorse disponibili e messe in campo dagli atenei possa determinare un calo della qualità didattica in alcune realtà – ha spiegato Manfredi Greco -. In quanto rete di studenti di medicina diffusa su tutto il territorio nazionale siamo consapevoli delle condizioni in cui alcuni nostri colleghi si trovano a compiere il proprio percorso. Non è raro, nell’esperienza comune, constatare in più parti d’Italia situazioni quali il sovraffollamento delle aule e l’esiguità delle attività pratiche integrative, con riferimento anche al tirocinio curriculare».
«Ad oggi – ha specificato il presidente del SISM – la situazione riguardante queste attività è molto disomogenea a livello nazionale. Si spazia da realtà in cui lo studente frequenta per lunghi periodi reparti selezionati a sedi in cui lo studente frequenta tutti i reparti anche solo per un giorno. Unito a ciò, spesso gli obiettivi formativi dei tirocini rimangono solo su carta ed il sistema del tutoraggio non è efficiente ovunque. Non da ultimo, le università in questo ultimo periodo si sono trovate a dover affrontare le novità previste dal DM 58, a sua volta posticipato al 2021 dal Decreto Calabria, il che ha generato ulteriore confusione e aumentato le differenze tra un ateneo e l’altro. Ci chiediamo, dunque, se non sia auspicabile un consolidamento dell’offerta formativa attuale prima di ragionare su di un allargamento numerico».
«L’attenzione per la qualità didattica – ha sottolineato – deve essere inclusa in un programma integrato di riforma del percorso formativo in Medicina. Una riforma che per quanto riguarda i numeri, non può che fondarsi su una stima realistica dei fabbisogni di salute del territorio che guardi al decennio successivo a quello di immatricolazione dello studente. In un campo in cui i laureati nel 70% dei casi scelgono il settore pubblico per la propria attività professionale, non avrebbe alcun senso una programmazione che non tenga conto di variabili come il generale invecchiamento della popolazione, l’incremento dell’incidenza di patologie croniche e degenerative che richiederanno un pool di professionisti della salute adeguato sia nei numeri che nelle competenze per garantire a tutti i cittadini un’assistenza sanitaria di qualità».
«Ci rendiamo conto che ad oggi temi come l’imbuto formativo e la carenza di medici monopolizzano il dibattito pubblico, e anche noi come associazione siamo sicuramente preoccupati da queste questioni, ma vogliamo rilanciare il tema della qualità. Sarebbe superfluo ribadire quanto già detto da numerose associazioni del campo, nonché dalla FNOMCeO, ovvero che la carenza di specialisti può risolversi solo con un aumento dei posti disponibili per i corsi di formazione post laurea. Anche per questi, però, occorre una programmazione lungimirante che non causi un ingorgo di laureati al termine del percorso universitario senza, allo stesso tempo, guardare solamente al fattore numerico. Non ci interessa solo quanti specialisti si formino, ma anche come si formino. Molte organizzazioni di categoria si battono per l’uniformazione dei curricula dei percorsi di specializzazione, e noi non possiamo che essere d’accordo».
«C’è dunque molto lavoro da fare. Un lavoro che deve sì guardare ai numeri – ha concluso Manfredi Greco – ma anche concentrarsi sulle metodologie e sui contenuti. Un percorso di riforma che prenda in esame la formazione del medico da quando risulta vincitore del test di ammissione a quando, consegnata la propria tesi di specialità, può finalmente entrare sul mercato del lavoro. Un curriculum che può beneficiare dell’integrazione con moltissime realtà (ad esempio quelle territoriali) ma che deve essere preso in carico dalle Università. A questo proposito, seguiamo con molta attenzione i progressi dei tavoli ministeriali che lavorano alle proposte di modifica delle modalità di accesso ai Corsi di Laurea e alle scuole di specializzazione, nonché il prossimo deposito in commissione parlamentare dei disegni di legge riguardanti la riforma del percorso formativo. Ad oggi non possiamo che confermare quanto espresso già nelle audizioni degli scorsi mesi: l’accesso a medicina deve seguire il modello a numero programmato e l’abilitazione alla professione medica deve integrarsi perfettamente al percorso universitario dello studente».