L’esperta parla dei disturbi della coordinazione motoria: «Attraverso la terapia della Neuro e Psicomotricità dell’età evolutiva miglioriamo le disprassie dividendo ogni attività in micro-step, in modo da permettere al piccolo di pianificare lentamente la sua attività. L’intervento precoce è fondamentale: evita che il bambino, oltre al disturbo prassico-motorio, possa sperimentare altre difficoltà legate alla bassa autostima»
Quando tiriamo una freccetta verso un bersaglio mettiamo in atto una serie di attività preparatorie: attiviamo la coordinazione occhio-mano, poi quella viso-spaziale per misurare la distanza che c’è tra noi e il nostro obiettivo, dosiamo la forza nel braccio, alziamo l’arto per spingere la mano che, quindi, lancia la freccia. E tutto senza nemmeno rendercene conto. Cosa accade invece quando queste fasi non vengono automaticamente rispettate? «È probabile che il soggetto in questione soffra di una disprassia e che quindi il suo lancio sia troppo forte o orientato nella direzione sbagliata». A rispondere, ai microfoni di Sanità Informazione, è Lucia Scarpellini, terapista della Neuro e Psicomotricità dell’età evolutiva, membro del direttivo nazionale e coordinatrice dei referenti regionali dell’associazione tecnico-scientifica ANUPI TNPEE.
«Le disprassie, ovvero i disturbi della coordinazione motoria – spiega Scarpellini -, incidono sulla capacità di una persona, sin da bambino, di modulare il movimento corporeo con l’intenzionalità prassica, ossia la motivazione a svolgere un’azione secondo schemi precisi di movimento. Chi soffre di questi disturbi – continua la terapista – non compie movimenti errati a causa di un danno al sistema nervoso centrale: si tratta di bambini che pur sapendo esattamente che cosa vogliono fare non riescono ad organizzare il movimento per compiere quella determinata azione».
Ecco alcuni esempi pratici: «Se lanciano una palla pur avendo ben presente la porta verso cui tirarla non sono in grado di centrare l’obiettivo. Ancora, vorrebbero andare in bicicletta, ma non riescono a coordinare efficacemente le gambe sui pedali e quindi sono soggetti a continue cadute, così come mentre corrono inciampano su se stessi. Questo perché lo schema neuro-motorio, che prevede ad esempio la corsa come il bilanciamento delle gambe, la fase di sollevamento e atterraggio del piede, non viene programmato in modo efficace».
E in che modo un terapista della Neuro e Psicomotricità dell’età evolutiva riesce ad aiutare i bambini che presentato questi disturbi? «Si propongono dei compiti dai tempi molto ridotti – risponde l’esperta -. In altre parole, ognuna viene divisa in micro-step, in modo da permettere al bambino di pianificare lentamente la sua attività, azione dopo azione, fino al compimento di un gesto prassico ben definito. È necessario, dunque, scomporre il compito in più fasi: organizzare lo spazio di lavoro, definire l’obiettivo, scegliere di volta in volta il materiale più adatto, per poi cominciare il lavoro vero e proprio».
Acquisite queste fasi il bambino riesce a procedere in modo autonomo? «Il nostro obiettivo è proprio questo: rendere il bambino quanto più autonomo possibile. E normalmente un bambino ci riesce, soprattutto se ben motivato a sfidare se stesso. Non è un caso che i piccoli affetti da un disturbo della coordinazione motoria molto spesso si ritrovino ad avere anche problemi di bassa autostima. Percepiscono delle diversità rispetto agli altri compagni: non saper giocare a pallone, non essere in grado di andare in bicicletta o sui pattini, non saper fare le costruzioni, sono tutte situazioni che possono mettere a disagio, inducendo il bambino a chiudersi in se stesso. Per questo, un intervento precoce di terapia della Neuro e Psicomotricità dell’età evolutiva è fondamentale: evita che il bambino, oltre al disturbo prassico-motorio, possa sperimentare anche altre difficoltà legate alla bassa autostima. La soluzione più efficace? Non solo stimolarlo con la terapia ma – conclude l’esperta – gratificarlo ad ogni successo raggiunto».