Lavoro e Professioni 23 Luglio 2019 10:20

Sinistri in sanità: ecco la mappa del Rapporto Marsh. Il trend delle denunce rallenta: ortopedia e chirurgia maglie nere. Emerge rischio cyber

Il decimo rapporto MedMal ha analizzato oltre 11mila sinistri relativi a 60 strutture pubbliche distribuite sul territorio nazionale. In aumento il dato sulle infezioni. Andrea Rocco (Responsabile Enti pubblici e sanità Marsh): «Il fatto che il valore complessivo dei sinistri sia stabile può voler dire che le strutture fanno sempre meglio a livello di risk management»

Sinistri in sanità: ecco la mappa del Rapporto Marsh. Il trend delle denunce rallenta: ortopedia e chirurgia maglie nere. Emerge rischio cyber

Il trend dei sinistri in sanità è stabile o in leggera diminuzione ma aumentano quelli legati alle infezioni ospedaliere. Questa la fotografia scattata dal 10° rapporto MedMal realizzato dalla società Marsh che analizza l’andamento della medical malpractice in Italia. Dati preziosi che in qualche modo sono un indicatore importante della sanità italiana.

 

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Secondo il rapporto ogni anno sono in media 37 i sinistri registrati per struttura sanitaria pubblica. Lo studio analizza oltre 11mila sinistri relativi a 60 strutture pubbliche distribuite sul territorio nazionale. Circa tre quarti degli eventi considerati sono rappresentati da: sinistri legati all’attività chirurgica (35,9%), errori diagnostici (18,5%), cadute accidentali (9,9%) ed errori terapeutici (9,3%); le infezioni ospedaliere sono al 6,8% (in crescita dell’1% rispetto al report dello scorso anno).

Gli eventi collegati al parto si confermano invece tra i più rilevanti in termini economici, nonostante rappresentino il 3,2% dei sinistri. In tale ambito il valore del liquidato medio è pari a 524mila euro (quasi 7 volte la media). Il settore medico con più denunce è Ortopedia e Traumatologia (15,6%), segue Chirurgia Generale (13%) e Pronto Soccorso (11,8%), poi Ostetricia e Ginecologia (11,1%). Il report evidenzia una media di poco più di 78mila euro liquidati per sinistro.

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«In generale è significativo vedere un dato di frequenza stabile o in diminuzione nonostante un approccio del consumatore che tende sempre di più a far valere i propri diritti e a chiedere un risarcimento dove si pensa esserci un errore. Il fatto che la frequenza complessiva dei sinistri sia stabile vuol dire che le strutture fanno sempre meglio a livello di risk management» sottolinea Andrea Rocco, Responsabile degli Enti pubblici e della Sanità pubblica e privata di Marsh, che poi sottolinea i trend di rischio in aumento: «Il dato specifico sulle infezioni purtroppo è in aumento. Oggi rappresenta circa il 7% del campione, però questo numero continua ad aumentare. Questo preoccupa perché il valore medio associato a questa tipologia di sinistri è superiore di 25mila euro rispetto al costo medio dei sinistri in generale». Tuttavia il bilancio è positivo per Rocco: «Quello che noi notiamo è che comunque, vedendo quel dato complessivo sulla frequenza in leggera diminuzione, possiamo pensare che non solo disponiamo di un sistema sanitario di eccellenza a livello mondiale, ma di un sistema sanitario che sta migliorando». Infine, focus sul rischio cyber «che può andare a impattare sulle strutture».

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Quali sono i dati più significativi che emergono dal vostro rapporto?

«Il rapporto ormai è abbastanza consolidato a livello di database perché ormai coinvolge oltre 10mila sinistri in un periodo che va dal 2004 al 2017, un campione che sulla sanità pubblica è piuttosto stabile. Per quanto riguarda la frequenza abbiamo una certa stabilità negli ultimi anni, con una media di 37 sinistri all’anno per le aziende che fanno parte del campione. All’interno del report sono disponibili tutti i dati numerici relativi ai ricoveri e al personale sanitario. Per quanto riguarda la frequenza dei sinistri le unità operative maggiormente coinvolte sono l’ortopedia e la traumatologia, dove avviene circa il 15% dei sinistri, la chirurgia generale il 14% e a scendere abbiamo il Pronto soccorso con quasi il 12% e Ostetricia e Ginecologia attorno all’11%. L’ultimo dato, quello di Ostetricia e Ginecologia, considerando che l’impatto di questi sinistri è purtroppo molto alto a livello economico, è un valore che nel dato complessivo tende a incidere molto. Chiaramente le strutture sanitarie che integrano un’unità di Ostetricia sono quelle che hanno poi necessariamente un costo totale del rischio maggiore rispetto alle altre».

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È quello che incide di più?

«A livello economico tende a incidere di più perché ha una frequenza non così bassa e un valore medio del sinistro che invece è molto maggiore della media del campione e ci sono dei sinistri che possono portare a cause milionarie. Purtroppo la combinazione di frequenza e impatto è una pratica che risulta intrinsecamente più rischiosa di altre, ma questo è noto ed è consolidato».

Con la legge Gelli sulla responsabilità professionale si attendeva un po’ un calo di risarcimenti e per i medici un sistema più protettivo. Si registra questo o invece no?

«Il trend di frequenza dei sinistri è stabile o in leggera diminuzione. Il dato che noi consideriamo nel report arriva fino al 2017: l’ultimo anno lo scartiamo perché sarebbe un dato troppo influenzato dal fatto che i sinistri aperti e già chiusi nell’ultimo anno sono quelli di bassa entità. In generale è significativo vedere un dato di frequenza stabile o in diminuzione nonostante un approccio del consumatore che tende sempre di più a far valere i propri diritti e a chiedere un risarcimento dove pensa che ci possa essere un errore. Il fatto che il valore complessivo dei sinistri sia stabile può voler dire che le strutture fanno sempre meglio a livello di risk management».

C’è dunque un ipotetico miglioramento…

«Noi lo interpretiamo così anche se non abbiamo ancora dati consolidati disponibili da analizzare. La legge ha in parte cambiato il regime delle responsabilità per cui ci aspettiamo che per il futuro ci possa essere sulla sanità privata una maggiore tendenza a coinvolgere direttamente le strutture sanitarie e meno direttamente il personale sanitario».

A proposito di questo, registrate una differenza tra sanità privata e sanità pubblica?

«Se consideriamo il dato del sinistro liquidato, cioè i sinistri che sono già stati liquidati al terzo danneggiato, non abbiamo una grande differenza perché analizzando il report il valore medio per la sanità pubblica è pari a 78mila euro mentre per la sanità privata è circa 73mila euro.. La diversità la si nota invece sul dato del riservato, dove il valore medio nella sanità privata è circa 72mila euro, contro i 132mila euro del pubblico».

Come si spiega?

«Una spiegazione possibile è che il numero delle strutture private in autoassicurazione è maggiore rispetto a quelle pubbliche, infatti più o meno la metà delle strutture sanitarie private è in autoassicurazione mentre la maggior parte di quelle pubbliche è assicurata. In qualche modo i criteri di riservazione delle aziende sanitarie private possono variare rispetto a quelli che vengono utilizzati dalle compagnie di assicurazione e questo potrebbe spiegare questa difformità. A seguito dei decreti attuativi della legge Gelli sulla parte assicurativa questa forbice potrebbe anche ridursi se dovessero essere definiti i criteri con cui andare a riservare il valore dei sinistri ancora da chiudere».

Quali sono i trend di rischio di cui dovrebbero occuparsi le aziende sanitarie?

«Ci sono due elementi secondo noi. Il primo è che, nonostante il dato medio di frequenza sia in lieve calo, il dato specifico sulle infezioni purtroppo è in aumento. Oggi rappresenta circa il 7% del campione però questo numero continua ad aumentare. Questo preoccupa perché il valore medio associato a questa tipologia di sinistri è superiore di 25mila euro rispetto al costo medio dei sinistri in generale. Sono sinistri onerosi e in crescita, e si tratta prevalentemente di infezioni post chirurgiche mentre in passato erano legate a infezioni successive a trasfusioni. C’è grande attenzione su questo tema ma probabilmente sulle precauzioni operative da mettere in atto nei reparti si può ancora migliorare».

Il singolo professionista a cosa deve stare attento più di tutti?

«Se guardiamo al tipo di errori alla base dei sinistri, fondamentalmente il 35,9% di essi sono legati all’attività chirurgica. Un concetto che può essere ampio: possono esserci infatti sinistri effettivamente imputabili a errori del personale sanitario, così come sinistri legati a quello che accade in generale nel corso dell’attività chirurgica. È un tema ampio, così come gli errori diagnostici che rappresentano circa il 18% del campione. Anche qui c’è sia il tema dell’errata interpretazione dei dati che emergono dalle analisi ma può esserci anche una problematica imputabile a macchinari ed equipaggiamenti. È molto complesso dire se oggi la pratica medica sia in miglioramento per quanto riguarda i singoli individui. Quello che noi notiamo è che quel dato complessivo sulla frequenza in leggera diminuzione ci fa pensare che non solo disponiamo di un sistema sanitario di eccellenza a livello mondiale, ma di un sistema sanitario che sta migliorando.

Un altro elemento invece che è emerso nel corso di una survey che abbiamo effettuato riguarda quelli che sono i trend che vanno un po’ al di fuori della medical malpractice. Abbiamo chiesto quali fossero i rischi emergenti ed è emerso che c’è una sempre maggior percezione del rischio cyber che può andare a impattare le strutture sia per quanto riguarda i classici eventi legati alla sottrazione dei dati sia per effetto di interferenze nella gestione dell’attività sanitaria stessa. Con il maggiore impatto legato alla robotica o alla telemedicina, questo tipo di rischio può avere quindi non solo un impatto finanziario ma potenzialmente anche effetti sul paziente nel momento in cui degli hacker riescano a entrare nei sistemi informatici aziendali. Quello della cybersecurity è però un campo su cui ci sono sempre maggiori investimenti».

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