Il sindacato promette di dar battaglia per assicurare il riposo sufficientemente lungo e continuo previsto dalle direttive europee anche ai medici in pronta disponibilità. Il sindacalista: «Non prospettiamo il muro contro muro, ma credo che le Leggi vadano rispettate da tutti»
«Siamo convinti che l’interpretazione derogatoria della direttiva europea sugli orari di lavoro presente nel nuovo contratto della dirigenza medica e sanitaria non sia lecita. Per questo chiediamo una risposta alla Corte di Giustizia europea». Sergio Costantino, membro della direzione nazionale del sindacato Anaao-Assomed, commenta così a Sanità Informazione la scelta del sindacato di ricorrere alla Corte dell’Unione contro il “riposo spezzatino” durante la pronta disponibilità introdotto dal nuovo contratto. Il testo prevede infatti che la chiamata in servizio sospenda, e non interrompa, le 11 ore di riposo imposte dalla norma europea e che le ore mancanti vengano recuperate immediatamente e consecutivamente dopo il servizio reso. Tuttavia nel caso in cui, per ragioni eccezionali non sia possibile applicare questa disciplina, le ore di mancato riposo saranno fruite in un’unica soluzione nei successivi tre giorni.
Perché questa norma non vi piace?
«Semplicemente perché travisa quelle che erano e sono le indicazioni della Comunità europea. Un riposo sufficientemente lungo e continuo (valutato al minimo in 11 ore, non al massimo di 11 ore): questo è un dato che non lascia spazio ad interpretazioni, fatti salvi i casi ben normati dalla Direttiva. Se una persona qualsiasi avesse una notte insonne, quali sarebbero le sue condizioni l’indomani? Immaginatevi questo ed il dover lavorare in debito di sonno in un settore tanto difficile e critico quale può essere quello medico ospedaliero».
Cosa vi aspettate dal ricorso alla Corte di Giustizia europea? In caso di pronunciamento favorevole, pensate che la norma possa cambiare?
«La domanda è proprio questa: è lecita questa interpretazione derogatoria rispetto alla norma generale? Noi siamo convinti di no. La Corte dovrà darci una risposta coerente alla domanda che verrà posta. In caso favorevole dovrebbero essere abrogate le disposizioni che la prevedono».
Se l’articolo del contratto sulla pronta disponibilità non dovesse cambiare, siete pronti ad ulteriori ricorsi? Vi aspettate anche ricorsi da singoli medici?
«La procedura non sarà immediata e ci potrebbero essere diverse strade percorribili; tuttavia la disponibilità messa in campo dal nostro sindacato ad una trattativa negoziale è stata interpretata non come buona volontà ma come segno di debolezza. Senza voler prospettare il muro contro muro, credo che le Leggi vadano rispettate da tutti, non solo dai dipendenti. Per l’azione legale ci saranno ovviamente delle agevolazioni per i nostri iscritti, ma non si possono escludere azioni isolate da parte dei singoli non iscritti. Credo che l’azione possa fungere da forza di traino per il nostro sindacato, che non ha obiettivi di lucro. La forza del sindacato è quella di schierare il migliore team di super-esperti legali per affrontare l’argomento».
Non ritiene rischioso affidare alla contrattazione decentrata un tema così delicato?
«È da tempo previsto un supporto capillare in tutte le sedi decentrate e sono già in fase di ultimazione i corsi specifici per i rappresentanti sindacali periferici per renderli “invulnerabili” ad interpretazioni esclusivamente datoriali. In ogni caso, il significato della contrattazione decentrata è anche in funzione della casistica. Per fare un esempio, se il fatto accade una volta l’anno, ha un significato meno inquietante e potranno essere attivate delle difese specifiche locali; se dovesse invece accadere 15-20 volte il mese e più volte per notte nel singolo reparto, ci troveremmo di fronte ad una guardia attiva mascherata. In questi casi non dovrebbero esserci solo promesse, ma assunzioni per difendere concretamente sia la tenuta del Servizio sanitario nazionale, sia la salute di operatori e pazienti».
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