Proclamate altre due giornate di sciopero nazionale il 17 ed il 18 marzo. Ospedali di tutta Italia al collasso: il caso del Sant’Andrea di Roma. Raccolta firme di Ugl e Fials per i nuovi orari di lavoro: «Turni improponibili e decisioni unilaterali»
Nelle piazze e nei tribunali. Prosegue senza soste la battaglia degli operatori sanitari. Dopo le migliaia di ricorsi già avviati e lo sciopero del 16 dicembre scorso per la questione degli orari di lavoro, i medici incroceranno le braccia il 17 ed il 18 marzo con il blocco delle prestazioni che stavolta sarà di 48 ore.
«Vogliamo ribadire il no ai tagli delle prestazioni erogate ai cittadini, protestare contro l’indifferenza del governo ai problemi della Sanità con un unico obiettivo: la salvaguardia del Sevizio sanitario nazionale», si legge nella nota congiunta dell’Intersindacale, che rappresenta 250mila medici, dipendenti e convenzionati, liberi professionisti e specialisti ambulatoriali, pediatri, medici veterinari, dirigenti sanitari.
Attraverso il sottosegretario alla Salute Vito De Filippo, dal governo è giunto, in risposta all’annuncio della protesta, il proposito «di fare di tutto per intensificare il dialogo affinché i problemi e le situazioni difficili si affrontino con metodi diversi dallo sciopero». Un invito, insomma, a parlarne. Questo tenendo in considerazione quanto già messo in cantiere: il concorso per l’assunzione di 6mila unità tra medici e infermieri ed il via libera a tamponare l’emergenza sostanzialmente prolungando, e laddove necessario rinforzando, il precariato con contratti a termine su indicazione delle Regioni.
Misure considerate evidentemente non sufficienti, anche alla luce della difficile situazione che si vive negli ospedali di tutta Italia dall’ingresso della legge 161/2014 che ha dato applicazione alla direttiva europea 2003/88 sugli orari di lavoro. Come era prevedibile, con gli organici ridotti all’osso, non è stato possibile garantire una turnazione con un riposo di almeno 11 ore, se non andando a penalizzare l’utenza con la chiusura dei reparti e l’allungamento delle liste d’attesa.
In tutta Italia numerosi ospedali sono già al collasso. Al Sant’Andrea di Roma, solo per citare uno degli ultimi casi, l’Ugl ha lanciato una raccolta firme tra i dipendenti proprio contro i nuovi turni. «Hanno aderito diverse sigle, tra cui Flp, Fials, Si Cel e Nursing up, – spiega Giuseppe Pascucci, Rsa al Sant’Andrea dell’Ugl – contestando decisioni aziendali unilaterali, o meglio, concordate solo con Cgil, Cisl e Uil. La stragrande maggioranza però non li condivideva perché, ancora una volta, non ci sono state equità e trasparenza. Questo vale anche per fondi incentivanti e di avanzamento, gestione della formazione e modalità di attribuzione di incarichi e posizioni organizzative».
In trincea anche gli infermieri, soprattutto per l’introduzione del turno notturno ”spinto” di 12 ore. «La situazione si è fatta insostenibile – commenta Leonardo Violante, territoriale Fials in forza al Sant’Andrea – e la raccolta firme, cui ha seguito un’assemblea, si prefiggeva lo scopo di far comprendere che queste decisioni vanno prese con i lavoratori che sono in prima linea». Fials e Ugl dimostrano scetticismo sulle nuove assunzioni previste dal ministero. «Ad oggi – risponde Violante – noi non vediamo niente di tutto ciò. La sanità è sotto il pesante macigno della spending review e sono in difficoltà non solo gli operatori ma soprattutto gli utenti. Quando le soluzioni saranno vere allora ci sarà una sanità migliore e potremo parlare di una sanità d’eccellenza, come è quella dell’ospedale Sant’Andrea, veramente rivolta al pubblico».
«Non ci fermeremo qui – gli fa eco Pascucci – e dopo petizione e assemblea, abbiamo chiesto ai lavoratori di esprimere la loro idea su come organizzare i turni con una sorta di referendum. Chiaramente se le cose non cambieranno saremo pronti a scioperare e, se necessario, avviare azioni legali. D’altronde rivolgersi ai tribunali è sempre più spesso la scelta migliore. Noi abbiamo, ad esempio, un precedente positivo per gli uffici amministrativi di via Brembate: appena ci siamo rivolti ad un organo esterno, l’azienda è stata costretta ad esaudire le nostre richieste».