Il dato emerge dallo studio dell’Osservatorio Nazionale della Formazione Medica Specialistica e coinvolge atenei da nord a sud d’Italia. «Questo genera una fuga di camici bianchi verso l’estero. Opportuno rivedere tutto il sistema con una nuova sinergia tra Sistema Sanitario e Università» sostiene Danilo Mazzacane, segretario generale Cisl Medici Lombardia
Sono ancora tante le Scuole di Specializzazione Medica che non hanno ottenuto l’accreditamento per il 2019. Questo il dato emerso da una ricerca svolta dall’Osservatorio Nazionale della Formazione Medica Specialistica – l’organo tecnico interministeriale deputato all’accreditamento e alla supervisione delle attività delle Scuole di Specializzazione Mediche – che coinvolge atenei da nord a sud dell’Italia mettendo in luce l’ennesima criticità di un sistema che fa acqua da molte parti.
I requisiti che vengono meno, nel momento in cui un istituto perde l’accreditamento, possono essere molteplici. Tra i più frequenti: spazi e laboratori non attrezzati secondo i criteri, standard assistenziali non di livello negli ospedali dove far svolgere il tirocinio, fino ad indicatori di performance dell’attività scientifica dei docenti non adeguati.
Quando si verifica una o più di queste condizioni, la scuola pur rimanendo attiva, perde l’accreditamento. Con la conseguenza che la scuola è tenuta a rilasciare il nulla osta e a consentire agli specializzandi il trasferimento presso un altro istituto della stessa tipologia, che potrà dunque accogliere gli studenti in sovrannumero.
LEGGI ANCHE: TEST SPECIALIZZAZIONI, SPERANZE E PAURE DEI GIOVANI MEDICI: «MOLTI DI NOI ANDRANNO VIA DALL’ITALIA»
In riferimento a questo, a decorrere dallo scorso 25 luglio, gli atenei devono rendere pubblico l’esito dell’accreditamento delle scuole di specializzazione. A stabilirlo la conferenza dei Rettori delle Università Italiane che ha votato all’unanimità una richiesta avanzata dalla S.I.G.M.
Se una scuola di specializzazione perde l’accreditamento perché non ha più i requisiti richiesti, automaticamente perde le borse di studio per i propri studenti. «Questo genera una fuga di camici bianchi – spiega Danilo Mazzacane, segretario generale Cisl Medici Lombardia – che, nella maggior parte dei casi, si dirigono verso l’estero perché risulta essere più attraente e stimolante da un punto di vista professionale ed economico, come risulta anche dalla testimonianza di un giovane medico migrato all’estero in un articolo uscito su The Lancet».
Una emorragia dunque che sembra inarrestabile. «La carenza di medici specialisti in Italia si sta verificando fondamentalmente a livello del Sistema Sanitario Nazionale – puntualizza Mazzacane –. Le condizioni di lavoro offerte non sono attraenti né per i medici italiani, che si licenziano, prepensionano o fuggono all’estero, né per gli stranieri, che trovano offerte migliori altrove. I giovani medici italiani all’estero sono apprezzati, valorizzati e adeguatamente retribuiti, mentre in Italia incontrano molteplici ostacoli».
Le soluzioni? «Di sicuro pensare di risolvere il problema della carenza dei medici con percorsi formativi scorciatoia o aumentando il numero dei posti a Medicina o nelle scuole di Specializzazione è pura illusione e follia – rimarca il segretario Cisl medici Lombardia – sarebbe invece opportuno rivedere tutto il sistema con una nuova sinergia tra Sistema Sanitario e Università, ma ancor prima puntare sulla formazione dei giovani investendo più risorse nella scuola perché per costruire un futuro migliore occorre partire dalle fondamenta».