Intervista a Riccardo Cassi, presidente del sindacato dei medici ospedalieri
Il nostro obiettivo? La sicurezza delle cure, e per averla bisogna garantire ai medici turni di lavoro che consentano loro i riposi biologici». Con queste parole Riccardo Cassi, il presidente di Cimo – Sindacato dei Medici Ospedalieri –, commenta il patto federativo siglato con Fesmed – Federazione Sindacale dei Medici Dirigenti.
La nuova confederazione dei medici della dipendenza farà fronte comune nell’auspicata risoluzione degli innumerevoli problemi che affliggono i camici bianchi nel nostro Paese, ponendosi come obiettivo quello di rafforzare la rappresentanza e la tutela della figura professionale del Medico all’interno del servizio sanitario nazionale.
Il presidente Cassi ne riassume i punti cardine: «La difesa della professione, il riconoscimento del ruolo del medico, la rapida risoluzione dei problemi legati alla colpa professionale a i problemi assicurativi – per i quali c’è un disegno di legge all’esame del parlamento che, però, contiene ancora alcune criticità -, la formazione, e lo sviluppo di carriera che veda riconosciuto il merito e l’acquisizione delle competenze». E prosegue affrontando un altro tema particolarmente sentito dalla categoria: «È un momento abbastanza critico, ormai sono anni che non si rinnovano i contratti. Senza contare che quest’anno finiscono gli effetti della riforma Fornero: ci saranno parecchie migliaia di medici che andranno in pensione e le 6mila assunzioni previste, peraltro 3mila di medici e 3mila di infermieri, non saranno sicuramente sufficienti a risolvere il problema».
Uno dei temi più caldi dello scorso anno è stato appunto quello dei turni massacranti. Sono trascorse poche settimane dal 25 novembre 2015 – data di entrata in vigore della legge 161/2014 che regola i turni di lavoro dei medici –, qual è la situazione adesso? Qual è la posizione della federazione in merito?
«La federazione avrà sempre questo tra i suoi obiettivi principali. Attualmente c’è una situazione strana, non si capisce cosa sta succedendo. In realtà, in Italia, dal punto di vista normativo non è stato fatto niente e, in molti casi, negli ospedali hanno ridotto l’attività. A mio parere, prima o poi i nodi verranno al pettine. All’interno della legge di Stabilità, è prevista l’attuazione da parte delle regioni dei processi di riorganizzazione della rete, che consentono anche il recupero del personale; ma a me sembra che nessuno si stia muovendo in questa direzione. Con i numerosi pensionamenti dei prossimi mesi, il problema diventerà veramente esplosivo e drammatico».
Il 2016, anche stando a quanto annuncia il governo, dovrebbe essere l’anno del contratto, dell’apertura. I numeri di questa federazione ora diventano importanti come rappresentanza.
«Rappresentiamo oltre il 18% della componente della dipendenza del Servizio sanitario nazionale. Ma questa aggregazione punta ad attrarre altre sigle per arrivare alla prossima conta delle tessere di Aran con una forza intorno al 35% ed avere maggiore voce in capitolo in fase del prossimo rinnovo del contratto; in più, vorremmo anche che il governo si rendesse conto della necessità di un accordo equo per i medici. L’ultimo contratto è relativo all’anno 2009, dunque la legislazione è ferma da quasi sei anni, e non ci sono fondi adeguati. Chiediamo che vengano cambiate anche delle regole sulla carriera, valorizzando il merito della competenza. La contraddizione del governo è palese: sostiene di voler valorizzare il merito dei pubblici dipendenti e legge dopo legge svuota i fondi necessari per attuarlo. Se non danno soldi per il contratto, vorremmo capire cosa significa per loro valorizzare il merito».