«Un paziente anziano, nella migliore delle ipotesi, consuma cinque-sei farmaci al giorno e le possibilità di interazioni aumentano drammaticamente. Avere farmaci con poche interazioni rende tutto molto più semplice», sottolinea Giovanni Di Minno, Direttore del Dipartimento Medicina clinica e chirurgia della Federico II di Napoli
La gestione del paziente anziano è complessa perché presenta, spesso, pluripatologie croniche, necessita di terapie concomitanti e assume molti farmaci. All’aumento dei medicinali, corrisponde anche il rischio di interazione fra farmaci e reazioni avverse.
Di tutte le criticità e della presa in carico assistenziale corretta di un paziento anziano, abbiamo parlato con Giovanni di Minno, a margine del convegno promosso di recente a Roma da Onda, Osservatorio Nazionale sulla salute della donna e di genere e Daiichi Sankyo Italia.
«Nell’approccio al paziente anziano è fondamentale poter contare su un team multidisciplinare con conoscenze e competenze specifiche per gestire il malato da vari punti di vista: ambientale, familiare e culturale e medico» ha spiegato il Direttore del Dipartimento Medicina clinica e chirurgia dell’Università degli studi di Napoli Federico II e Direttore del Centro per l’emofilia e la trombosi della Regione Campania.
«È necessario avere un team di persone con molte competenze che abbiano punti di vista comuni sulla gestione del paziente. Il secondo punto, altrettanto importante, è avere a disposizione farmaci sempre più moderni che abbiano meno interazioni possibili tra loro. Attualmente, infatti, un paziente anziano, nella migliore delle ipotesi, consuma cinque-sei farmaci al giorno e le possibilità di interazioni aumentano drammaticamente – ha puntualizzato il professore -. Avere farmaci con poche interazioni rende tutto molto più semplice, soprattutto se il farmaco ha anche la caratteristica di essere facilmente acquisibile dal paziente, e facilmente ingeribile, evitando la via endovenosa».
In aggiunta, il professor Di Minno richiede uno sforzo culturale per la ricerca di una terapia personalizzata a misura di paziente: «In medicina, fino ad oggi, ci siamo serviti con grande vantaggio delle linee guida ma comincia a essere chiaro a tutti che le linee guida vanno adattate ai singoli malati perché i pazienti non sono tutti uguali. E nel dire che non sono tutti uguali – ha specificato – bisogna tener contro dell’ambiente dal quale provengono, del tipo di alimentazione che hanno, della religione che professano – esiste uno stretto rapporto tra religione e alimenti assunti. Bisogna – ha concluso Di Minno – conoscere il genoma, ciò il tipo di caratteristiche proprie di ogni paziente. Questo può servire, ad esempio, nella prescrizione di un farmaco come l’aspirina: il singolo paziente può avere un metabolismo più lento o più rapido del farmaco, così che 100 mg possono diventare insufficienti o particolarmente elevati».