L’Istituto milanese ha ospitato sette scuole lo scorso week end e spiegato ai ragazzi le attività dell’Istituto. In tutto oltre 600 persone. «Abbiamo riscontrato grande interesse per le malattie neurologiche e oncologiche» sottolinea Paola Mosconi, Laboratorio di ricerca per il coinvolgimento dei cittadini in sanità
Porte aperte sulla ricerca: lo scorso 12 ottobre l’Istituto Mario Negri di Milano ha incontrato la popolazione. Dalle scuole alle famiglie per un totale di oltre 600 persone che hanno visitato laboratori, fatto domande e dialogato con i ricercatori.
«La mattina abbiamo iniziato con sette scuole per un totale di 220 ragazzi – ha raccontato Paola Mosconi del Laboratorio di ricerca per il coinvolgimento dei cittadini in sanità dell’Istituto Mario Negri, che ha organizzato la giornata formativa ed informativa per la popolazione– sono stati molto interessati sia alle attività d’aula che a quelle sperimentali fatte nei laboratori. E poi come ultimo momento della visita hanno incontrato i ricercatori davanti a dei poster inter-disciplina quindi hanno capito cosa può fare il biologo, medico, veterinario, chimico all’interno della ricerca che è per la maggior parte multidisciplinare. Questo è stato molto interessante per loro in una prospettiva di scelta dell’Università. Invece nel pomeriggio abbiamo accolto la popolazione con quattro momenti: un video sulla storia dell’Istituto, cinquant’anni di storia dal primo direttore, il Professor Garattini, il nuovo direttore Professor Remuzzi; poi un momento più formativo sui temi della ricerca clinica e l’informazione, quindi abbiamo organizzato dei tour per far vedere i laboratori che sono molto all’avanguardia e poi abbiamo concluso con una carrellata con più di 20 poster che descrivono gli ambiti di ricerca su cui lavoriamo».
«A Milano – continua – abbiamo sei diversi dipartimenti: cardiologia, neuroscienze, salute pubblica, oncologia, ambiente e salute, biochimica; tutti i giovani ricercatori si sono impegnati per fare dei poster di carattere divulgativo e per raccontarne i contenuti. L’obiettivo è trasmettere il nostro entusiasmo nel fare questo lavoro che è importante e vuole avere un contatto diretto con il pubblico e la società civile».
Quali sono le domande più curiose e frequenti che hanno fatto i cittadini?
«Sono stati molto interessati a capire come si sviluppano i farmaci e curiosi di sapere chi ci finanzia. Noi siamo un istituto a carattere scientifico, ma siamo una fondazione privata quindi riceviamo fondi per i progetti a cui concorriamo. Inoltre, interessano molto le malattie neurologiche e oncologiche: abbiamo gruppi che si occupano di SLA, sclerosi multipla, malattie oncologiche e quindi molti dei nostri ricercatori fanno ottima ricerca, vincono bandi a livello europeo. Purtroppo, abbiamo poca e scarsa ricerca indipendente finanziata dalle istituzioni, ne servirebbe di più, ma il substrato è molto buono. Peccato non sfruttarlo appieno».
Cosa si dovrebbe fare per sfruttarle al meglio?
«Avere più fondi, dare più spazio ai giovani, mandarli all’estero per gli scambi, ma poi farli rientrare e creare la stabilità che permetta loro di lavorare nel nostro paese dopo aver fatto le giuste esperienze all’estero».