«Tutto ciò allontana i giovani dalla chirurgia. Quest’anno la chirurgia come specializzazione è stata scelta come prima scelta in tutta Italia, da pochissimi, credo in tutto una novantina di giovani laureati», ha rivelato con amarezza il presidente della Società Italiana di Chirurgia, Francesco Brasile
Esaminare la chirurgia da un punto di vista tecnico, organizzativo e anche di responsabilità medico-legali del chirurgo, sono stati gli obiettivi della 121esima edizione del Congresso Nazionale della Società Italiana di Chirurgia, svoltosi a Bologna. Durante la kermesse, abbiamo incontrato il presidente della Società Italiana di Chirurgia, Francesco Brasile, insieme al quale abbiamo fatto il punto sulle sfide del futuro per la chirurgia.
«Da un punto di vista tecnico sono molti gli aggiornamenti, – ha spiegato il presidente SIC ai microfoni di Sanità Informazione – ormai la chirurgia laparoscopica comprende quasi tutto il panorama della chirurgia generale, ma si va verso la chirurgia robotica. Gli studi attuali sono propensi a stabilire che la chirurgia robotica è migliore di quella laparoscopica che però costa notevolmente di più. Pertanto, si sta cercando di individuare quali sono gli interventi per cui è talmente valida la robotica da superare il danno economico della chirurgia robotica».
«Dal punto di vista organizzativo, cerchiamo di puntare sull’accreditamento delle strutture. Ogni paziente deve sapere che va in una struttura che sa fare quel tipo di intervento, quindi un professionista valido e anche una struttura organizzata. L’idea della Società Italiana di Chirurgia è di accreditare i chirurghi per ciò che sono le loro competenze, in maniera da tranquillizzare il cittadino quando va in quel reparto, da quel chirurgo».
«Ultima cosa, la responsabilità medico-legale, che è sempre un nostro cruccio. Il rischio è che si faccia una chirurgia cosiddetta di astensione, cioè i chirurghi non operino dei pazienti per il rischio delle possibili complicanze. Questo va di pari passo con la medicina difensiva che porta a spendere tanti soldi per cercare di avere la diagnosi più accurata possibile e per effettuare la terapia migliore. Tutto ciò allontana i giovani dalla chirurgia. Quest’anno la chirurgia come specializzazione è stata scelta come prima scelta in tutta Italia, da pochissimi, credo in tutto una novantina di giovani laureati. Questo per noi è un dramma, perché la chirurgia non viene scelta per passione, ma soltanto perché chi rimane ultimo nelle graduatorie o fa chirurgia o non fa nulla. Fanno chirurgia e magari dopo un anno cambiano specialità o vanno in altre sedi. Questo non ce lo possiamo permettere, bisogna tornare a dare lustro alla professione chirurgica e a dare anche sicurezza e tranquillità al professionista e al giovane che si appresta a svolgere questo tipo di professione».
Infine, tra i temi anche l’auspicata convergenza di tutte le società scientifiche di chirurgia. «I chirurghi sono già uniti di fatto, – spiega Basile – perché siamo tutti convinti che l’unione fa la forza e quindi in realtà, a prescindere dall’appartenenza ad una o all’altra società, lavoriamo tutti di comune accordo. Certo, riuscire a creare un modello tipo americano con un’unica società che comprenda tutte le altre, perché sono tantissime le società chirurgiche nei diversi campi, sarebbe una buona cosa. Tuttavia non è semplice, perché ovviamente passare da tante società ad un’unica società, capite quante problematiche comporterebbe. Stiamo lavorando principalmente tra chirurghi universitari e chirurghi ospedalieri per cercare di trovare delle soluzioni compatibili e che siano utili per la chirurgia nazionale».