Da Torino a Barletta i professionisti della medicina di famiglia hanno fatto il punto sulle difficoltà maggiori riscontrate nella loro attività lavorativa. E tra le soluzioni immaginate c’è il micro-team
Scartoffie da compilare, carichi di lavoro che aumentano, difficoltà economiche e un percorso universitario da migliorare. Sono le voci nel capitolo “criticità”, raccolte dai microfoni di Sanità Informazione in occasione del 76° Congresso nazionale della FIMMG, in cui circa 1500 medici di medicina generale provenienti da tutte le province italiane si sono incontrati per partecipare a corsi di aggiornamenti e tavole rotonde e per discutere dei temi caldi della professione, come malattie croniche, aderenza alla terapia, vaccinazioni o malattie cardiologiche e respiratorie.
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«La burocrazia ci attanaglia tutti i giorni, portandoci via una grande quantità di tempo» racconta Gianni Boella, medico di famiglia di Torino. «È aumentata la domanda di salute, – ci spiega Francesco Buono, medico di famiglia proveniente da Roma – quindi il medico deve far fronte a un panorama più complesso e multidisciplinare, mantenendo nello stesso tempo quelle caratteristiche di medico di famiglia, quindi di medico di prossimità nei confronti del paziente che lo differenziano da un’attività puramente ambulatoriale come nel caso degli specialisti».
«Le difficoltà principali credo che in questo momento storico siano l’aumento del carico del lavoro – continua Dino Del Vecchio, segretario provinciale FIMMG Barletta, a dimostrazione del fatto che le criticità del medico di medicina generale non mancano a Nord come a Sud -. Bassa natalità e invecchiamento della popolazione significano anche aumento delle patologie croniche, quindi oggi non è più possibile dire che la cura di mille assistiti di dieci anni fa abbia lo stesso carico attualmente. Lavoriamo sicuramente in una condizione molto più pesante dal punto di vista dell’intervento, dal punto di vista della cura, soprattutto dal punto di vista della domiciliarità».
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Formazione e impegno economico sono invece le note dolenti per i più giovani. «Ho scelto di fare medicina generale» racconta Ruben Ganci, medico in formazione, che ci tiene a precisare come «durante l’università non viene quasi mostrata». «Vediamo la cardiologia, l’endocrinologia e così via, – ci spiega – ma non sappiamo cos’è la medicina generale. Poi mi è capitato nel periodo di transizione con la fine dell’università ho conosciuto la medicina del territorio, mi è piaciuta e poi ho deciso che doveva essere la mia strada». «Sicuramente una modernizzazione del percorso formativo è una delle nostre priorità» conferma Noemi Lopes, ex segretario FIMMG-formazione. «In genere i problemi sono abbastanza palesi – continua Lopes – ovvero che grazie a questo ricambio generazionale molto rapido, sempre più giovani adesso si avviano all’inizio dell’attività professionale come medico di famiglia, quindi in età giovane si trovano a dover affrontare tutta una serie di problematiche come l’acquisto di un ambulatorio, dei macchinari e la gestione del personale di studio dal punto di vista amministrativo ed economico con tutto quello che ne consegue».
Tra le soluzioni individuate dalla Federazione ci sono i micro team. Si tratta di unità fondamentali che ruotano attorno alla figura del Medico di Medicina Generale affiancato da personale infermieristico, operatori socio-sanitari e amministrativi. Personale qualificato e di supporto che permetterebbe di alleggerire il carico di lavoro del medico che così potrà dedicare tutte le sue energie ai pazienti. Una soluzione più volte citata sia dai medici di famiglia sia dai vertici della Federazione. Proprio il suo segretario generale, Silvestro Scotti, solo qualche mese fa aveva lanciato la proposta anche alla Conferenza delle Regioni. «Non ci sono più impedimenti o ragioni che possano ritardare la produzione di un Atto d’Indirizzo che permetta ad horas di avviare la discussione sul tema della integrazione multiprofessionale del singolo medico – aveva dichiarato Scotti con una nota del 20 giugno scorso – che rappresenti la risposta elementare allo tsunami demografico e di cronicità conseguenti che aspetta le cure primarie garantendo la triade base per l’efficienza di tali processi di cure ovvero fiduciarietà, prossimità e domiciliarità».
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