Dal Congresso in corso a Roma arrivano dati non soddisfacenti dal fronte della prevenzione: solo il 55% delle donne esegue la mammografia e soltanto il 41% dei cittadini effettua il test per la ricerca del sangue occulto fecale
Diminuiscono le diagnosi di cancro in Italia ma i livelli di prevenzione primaria (stili di vita sani) e secondaria (screening anticancro) non sono ancora sufficienti. È questo uno dei messaggi che arriva dal XXI Congresso nazionale Aiom (Associazione italiana di oncologia medica) in corso a Roma.
In particolare, preoccupano i dati sulla prevenzione: in Italia solo il 55% delle donne esegue la mammografia per individuare in fase iniziale il carcinoma della mammella, la neoplasia più frequente in tutta la popolazione (53.500 nuovi casi stimati nel 2019). E soltanto il 41% dei cittadini effettua il test per la ricerca del sangue occulto fecale per la diagnosi precoce del cancro del colon-retto, il secondo per incidenza (49.000 nel 2019).
Per garantire a tutti i pazienti le terapie più efficaci, gli oncologi chiedono alle istituzioni la conferma del Fondo per i farmaci innovativi, istituito per la prima volta con la legge di Bilancio del 2017.
«È urgente la conferma di questa fonte di risorse dedicate – afferma Stefania Gori, presidente nazionale Aiom e Direttore dipartimento oncologico, Irccs ospedale Sacro Cuore Don Calabria-Negrar -. Nel 2018, il limite di 500 milioni di euro è stato sforato, infatti la spesa per i farmaci oncologici innovativi con accesso al Fondo è stata pari a 657 milioni. Per questo ne chiediamo non solo la conferma, ma anche un incremento».
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«I nuovi casi di tumore, in Italia, tendono a diminuire – aggiunge Gori -. Nel 2019 sono stimate 371mila diagnosi (erano 373mila nel 2018). Aumentano invece le persone che vivono dopo la scoperta della malattia: oggi sono quasi 3 milioni e mezzo (3.460.025, erano 2 milioni e 244mila nel 2006, 2 milioni e 587mila nel 2010, circa 3 milioni nel 2015). Il calo complessivo delle diagnosi va ricondotto soprattutto all’efficacia dei programmi di screening. Abbiamo già attivato campagne di prevenzione rivolte in particolare agli anziani, che dovremo ampliare ulteriormente – afferma la Presidente AIOM –. Il nostro obiettivo è aumentare del 10% le percentuali di adesione entro 5 anni. Così potremo salvare più vite, diminuendo il numero dei nuovi casi e garantendo risparmi al sistema sanitario. Questo progetto è complementare alla revisione dell’assistenza oncologica nel nostro Paese».
«Le sfide di Aiom presenti e future sono quelle di implementare i meccanismi di prevenzione primaria e secondaria e di ottimizzare l’impiego dei trattamenti attraverso un’appropriatezza sempre maggiore ma anche una selezione di pazienti sull’analisi molecolari che consentano di definire in quale pazienti il trattamento può dare o meno benefici – sottolinea a Sanità Informazione Giordano Beretta, presidente eletto Aiom e responsabile dell’Oncologia medica all’Humanitas Gavazzeni di Bergamo. Alle istituzioni chiediamo di poterci sedere al tavolo a discutere per trovare una ridistribuzione dei finanziamenti che consenta un’ottimizzazione della gestione di tutto il sistema perché noi possiamo cercare di risparmiare con una maggiore appropriatezza e selezione dei pazienti ma se quei soldi poi vanno per le rotonde delle strade forse non è la scelta migliore. Devono essere assolutamente reinvestiti per un miglioramento del Ssn e trattandosi di pazienti oncologici nella loro gestione. Vanno ridefinite le regole ma l’importante è che ci si possa scambiare le necessità attraverso incontri con Aifa e Agenas. Ad esempio, definire il ruolo delle reti oncologiche che ancora stentano a partire e sono fondamentali: la rete significa una migliore assistenza per tutti i pazienti ovunque abitino ottimizzando le risorse centralizzando o periferizzando i trattamenti e evitando esami inutili».
Beretta poi è intervenuto sul tema dei farmaci biosimilari: «Devono assolutamente essere presi in considerazione sono verosimilmente equiefficaci rispetto ai farmaci tradizionali. I pazienti che iniziano un trattamento dovrebbero partire con biosimilari. I pazienti già in cura potrebbero spostarsi su un biosimilare però non si può cambiare trattamento tutte le volte per meccanismi economicisti perché questo non sarebbe etico nei confronti del paziente».