La presidente dell’Associazione Italiana Ortottisti Assistenti in Oftalmologia ha partecipato al primo Congresso dell’Ordine TSRM e PSTRP: «Per noi la formazione continua è importante perché il processo tecnologico della strumentazione con cui ci troviamo ad operare va velocissimo, quindi bisogna che tutti siano preparati ad utilizzare i nuovi strumenti con cognizione di causa»
«Vorremmo essere più presenti in quella che è l’assistenza territoriale perché stiamo vivendo un momento in cui vengono meno le figure mediche, che sono gli oculisti per quel che riguarda la nostra professione». La richiesta alle istituzioni arriva da Daniela Fiore, Presidente AIOrAO, l’Associazione Italiana Ortottisti Assistenti in Oftalmologia, una delle diciannove professioni sanitarie confluite nella Federazione degli Ordini TSRM e PSTRP. Anche Fiore è stata una dei protagonisti del primo Congresso nazionale del maxi Ordine che si è svolto a Rimini al quale ha portato il contributo degli ortottisti, gli operatori sanitari che trattano i disturbi motori e sensoriali della visione ed effettua le tecniche di semeiologia strumentale-oftalmologica. «Noi ci occupiamo di riabilitazione ma anche di prevenzione, potremmo essere un buon sostegno per quello che riguarda la prevenzione e la prima presa in carico dei pazienti» sottolinea Fiore che spiega: «Dall’esame del fondo dell’occhio si possono scoprire sulla retina i primi segni del diabete in un paziente asintomatico».
Presidente, siamo al primo Congresso delle professioni sanitarie. Voi ortottisti con che spirito vi state approcciando a questo evento e all’Ordine?
«Noi ortottisti ci stiamo approcciando con un grande spirito collaborativo all’evento. Una convention incredibile. Sono piacevolmente sorpresa di trovare tanti ortottisti, anche molti giovani, che hanno probabilmente recepito da noi la voglia di far parte di questa grande famiglia nella quale adesso ci troviamo e che ci tutelerà in futuro e di cui siamo molto fieri».
Quanti siete come stima?
«Come stima io posso parlare approssimativamente perché non tutti gli ortottisti sono iscritti all’associazione maggiormente rappresentativa. Dovremmo essere intorno ai 2800-3mila, ma non abbiamo un numero preciso. Adesso che saranno tutti iscritti all’Ordine avremo delle stime precise».
Che percentuale di iscrizione all’Ordine avete?
«Abbastanza buona, non sappiamo i numeri precisi ma è buona».
Alla politica voi cosa chiedete?
«Chiediamo di poterci rendere più presenti in quella che è l’assistenza territoriale perché stiamo vivendo un momento in cui vengono meno le figure mediche, che sono gli oculisti per quel che riguarda la nostra professione. Quindi potremmo essere un buon sostegno per quello che riguarda la prevenzione e la prima presa in carico dei pazienti. Noi ci occupiamo di riabilitazione ma anche di prevenzione. La prevenzione di primo livello viene fatta in maniera piuttosto capillare sul territorio. Sulla prevenzione di secondo livello sarebbe importante permettere al paziente che viene sottoposto a screening di poter accedere senza troppe lunghe attese al sistema sanitario e ai servizi di cui avrebbe bisogno».
La formazione per voi ortottisti è importante, visto che siete spesso a contatto con strumenti tecnologici…
«È importantissima. Noi abbiamo iniziato a fare formazione per i nostri colleghi anche quando il sistema ECM non era ancora a regime, prima ancora che ci fosse l’obbligo di formazione continua. Sicuramente è importante perché il processo tecnologico della strumentazione con cui ci troviamo ad operare va velocissimo, quindi bisogna che tutti siano preparati ad utilizzare i nuovi strumenti con cognizione di causa, quindi anche una preparazione di base su quelle che sono le neuroscienze e tutto quello che riguarda l’apparato visivo che come sappiamo è l’estrema parte del cervello».
Qual è una malattia sistemica che si può scoprire guardando gli occhi?
«Il diabete. Perché anche in un paziente che è asintomatico fisicamente ma si sottopone a una visita oculistica e a un esame del fondo si possono scoprire sulla retina i primi segni di una patologia legata al diabete ma, per esempio, anche l’ipertensione».