Di Luciano Cifaldi, Segretario generale Cisl Medici Lazio
Gentile Direttore, ritengo non le sfugga la gravità del fenomeno delle aggressioni ai medici ed agli infermieri. Come segreteria della Cisl Medici Lazio abbiamo scritto al Ministro degli Interni, ai Prefetti delle cinque province, ai politici regionali. Ne sono derivate riunioni dei comitati per l’ordine e la sicurezza, sono state presentate interrogazioni bipartisan nel Consiglio Regionale del Lazio, abbiamo ricevuto solidarietà ed incoraggiamenti ad andare avanti in questa che ritengo sia una battaglia di civiltà e non un esercizio di bottega per fare qualche iscritto in più.
Abbiamo comunicato di avere deciso di costituirci parte civile, e lo faremo, in caso di aggressione ad un collega iscritto al nostro sindacato. Abbiamo chiesto il presidio della Polizia di Stato negli ospedali, l’inasprimento delle pene e la tolleranza zero nei confronti di chi delinque aggredendo un operatore sanitario. Ad un certo punto abbiamo tirato le somme di questo percorso di denuncia e di sensibilizzazione rischiando per un attimo di ritenerci soddisfatti di quanto avevamo messo in moto da un punto di vista mediatico.
Però, anche a causa del silenzio della politica, ancora non vediamo risultati concreti a fronte dell’aumento delle aggressioni come numero e come tipologia delle stesse. E allora abbiamo deciso di non abbassare la guardia, di andare avanti nonostante la stanchezza ed il rischio che l’opinione pubblica possa assuefarsi a queste notizie e rigettarle con un meccanismo psicologico di rimozione.
Quando un medico è aggredito nell’esercizio delle sue attività finalizzate al bene del paziente sarebbe opportuno che si possa procedere d’ufficio e non a querela di parte. Avere la certezza che i tuoi datori di lavoro, l’Azienda Sanitaria e la Regione, si costituiscono parte civile nel procedimento penale verso gli aggressori darebbe vigore al senso di appartenenza che ormai è da ritenersi nullo.
Siamo consapevoli che possiamo sbagliare e che i nostri sbagli di diagnosi e cura possono avere effetti devastanti per i pazienti e le loro famiglie. Ma in questo caso interviene la Magistratura e non certo la giustizia fai da te di qualche vendicatore in stile Far West. Ma ormai siamo giunti alla frutta considerato che accade di leggere la sgradevolissima notizia di manifesti diffusi in Alto Adige che veicolano un messaggio che di fatto si rivolge contro i medici assunti a tempo determinato in quella Provincia, sembra siano almeno 200, e che devono conseguire un patentino di bilinguismo entro tre anni per potere poi accedere ad una procedura per assunzione a tempo indeterminato.
L’immagine dei piedi di un cadavere “Il medico non conosceva il tedesco”. Il cartellino attaccato al piede del paziente morto dice “Qui muore il diritto all’uso della madrelingua”. Sotto, in campo rosso è invece scritto “Per capire e ben gestire i pazienti i medici in Alto Adige devono parlare tedesco. Combattiamo per i tuoi diritti”.
La Cisl Medici ha prontamente censurato questi volgarissimi poster e questo la dice lunga sulla battaglia di civiltà che stiamo portando avanti. Comunque non molliamo e confido che riusciremo a convincere l’opinione pubblica, la politica e le Istituzioni che non siamo carne da macello da gettare in pasto a qualche facinoroso.