Il referente per i giovani della Federazione delle professioni infermieristiche spiega perché molti infermieri millennials non sono soddisfatti del posto di lavoro: «Si ritrovano in un elenco in cui la sorte più che la valorizzazione tende poi a collocarli in un setting lavorativo piuttosto che in un altro»
«Il problema oggi dei giovani è che partecipano a concorsi in cui uno vale uno, si ritrovano in un elenco in cui la sorte più che la valorizzazione tende poi a collocarli in un setting lavorativo piuttosto che in un altro». Nicola Draoli, responsabile per il Comitato centrale della Federazione del settore “Fnopi Giovani”, commenta a Sanità Informazione i risultati di una survey realizzata dalla Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche e rivolta agli infermieri millennials in cui tra i dati più significativi emerge che il 50% degli intervistati vorrebbe cambiare posto di lavoro mentre complessivamente per la formazione e la valorizzazione della professione sul luogo di lavoro. Un dato che riflette una realtà: gli infermieri vincono concorsi ma poi la loro collocazione nei reparti è casuale e non rispecchia le aspettative del giovane. «È interessante vedere come quasi tutti vorrebbero orientarsi verso settori in cui poi in realtà non esercitano ed è per questo che noi stiamo anche molto sul tema delle specializzazioni e sul cambiamento della normativa concorsuale» sottolinea Draoli che però sottolinea che in ambito infermieristico non sarebbero necessarie delle specializzazioni molto specifiche come nel campo mediche: sarebbero sufficienti delle macroaree in cui indirizzare gli aspiranti infermieri.
Avete realizzato una survey rivolta ai giovani infermieri. Uno su due vorrebbe cambiare ambito di lavoro, molti sono insoddisfatti dello stipendio. Insomma, cosa vogliono i giovani infermieri?
«Difficile capirlo. Abbiamo da una parte l’interpretazione soggettiva dei giovani con cui parliamo e dall’altra quello che leggiamo sui social. Abbiamo fatto questo sondaggio appunto come base di partenza un po’ più solida. Ci ha stupito in parte perché sicuramente lo stipendio è ritenuto inadeguato (non ci voleva un sondaggio per capirlo) ma ad esempio c’è una forte occupabilità degli infermieri: noi diciamo che mancano gli infermieri e manca la capacità di assorbirli all’interno del Servizio sanitario nazionale. I giovani infermieri che hanno partecipato al sondaggio hanno tutti più o meno una stabilizzazione abbastanza concreta e nella loro regione. I problemi sono legati in parte al posto di lavoro nello specifico, probabilmente il setting assistenziale che per vari motivi non è adeguato al professionista. È però interessante vedere come quasi tutti vorrebbero orientarsi verso settori in cui poi in realtà non esercitano ed è per questo che noi stiamo anche molto sul tema delle specializzazioni e sul cambiamento della normativa concorsuale. Il problema oggi dei giovani è che partecipano a concorsi in cui uno vale uno, si ritrovano in un elenco in cui la sorte più che la valorizzazione tende poi a collocarli in un setting lavorativo piuttosto che in un altro: ma magari non è la loro ambizione, non è il percorso che vogliono fare. Questo genera frustrazione e perdita di competenze perché alla prima occasione utile se ne vanno. Quindi lavorare sulla specializzazione infermieristica e magari su concorsi per aree di specializzazione».
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Come per i medici?
«In maniera un po’ più ampia però perché altrimenti rischiamo di ingabbiarci in un riduzionismo che poi alla classe medica non ha portato sempre benissimo».