Lavoro e Professioni 25 Novembre 2019 15:28

Salute migranti, Aodi (Amsi): «Bene aumento corsi di formazione sul tema, ma ne servono ancora di più»

Il 28 e il 29 novembre a Roma il nuovo corso di Sanità di Frontiera “Salute e Migrazione: curare e prendersi cura”. Il presidente dell’Associazione medici di origine straniera in Italia: «Difficoltà linguistiche o mancata conoscenza di alcuni aspetti culturali o religiosi possono rendere complicata la diagnosi»

I migranti non portano le malattie ma si ammalano qui. Non bisogna creare un clima di paura ma, al contrario, incoraggiare gli stranieri ad andare negli ospedali. Devono essere organizzati più corsi di aggiornamento sulla salute dei migranti. Frasi che Foad Aodi, presidente dell’Associazione medici di origine straniera in Italia (Amsi), ripete come un mantra.

È sull’ultimo proposito che il dottor Aodi, che siede anche al Consiglio dell’Ordine dei Medici di Roma ed è membro del Gruppo di lavoro “Salute Globale” della FNOMCeO, pone particolare l’attenzione, elogiando le diverse iniziative messe in campo da numerose istituzioni e associazioni per formare e informare cittadini e operatori sanitari sulle peculiarità della salute degli stranieri che risiedono in Italia. Tra queste, il nuovo corso di Sanità di Frontiera “Salute e Migrazione: curare e prendersi cura” che si svolgerà a Roma, presso il Centro Servizi per il Volontariato, i prossimi 28 e 29 novembre.

«Quello della formazione su questi temi è un aspetto fondamentale – commenta Foad Aodi -. Ho visto che ci sono molti più convegni dedicati a questi temi, ma bisogna intensificare i corsi di aggiornamento che trattano le patologie più frequenti tra i migranti e quelle emergenti, puntando specialmente alla prevenzione e alla diagnosi precoce di alcune patologie che a volte, anche a causa di difficoltà linguistiche o aspetti culturali o religiosi, è più complesso riconoscere. Quindi, come ho detto all’ultimo convegno organizzato dall’Ordine di Roma lo scorso ottobre, il numero di corsi Ecm dedicati a sanità e immigrazione dovrebbe crescere. E mi fa piacere che Sanità di Frontiera sia dello stesso parere».

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Corsi da indirizzare ai medici e ai professionisti sanitari, ma anche  i cittadini di origine straniera, che devono essere informati: «Noi di Amsi, dal 2000, abbiamo organizzato più di 650 convegni e incontri di diverso genere e il 30% di questi è stato dedicato a immigrazione e sanità. Sono sempre stati molto frequentati e apprezzati, cosa che conferma la volontà di intensificare e approfondire queste tematiche».

«Anche perché, al contrario di quanto dicano alcuni slogan o luoghi comuni – continua il presidente Amsi – gli immigrati non portano le malattie ma si ammalano quando arrivano in Italia per motivi psicologici, abitativi, lavorativi o economici. Vivono in abitazioni non qualificate, lavorano nel mondo edile o agricolo, non hanno i soldi per fare le visite mediche necessarie alla prevenzione. Basti pensare che il 50% delle donne migranti che vivono in condizioni disagiate arrivano al quarto mese di gravidanza senza aver mai fatto un’ecografia. Solo il 2% dei migranti soffre di malattie infettive, mentre le patologie più frequenti sono la gastrite, la depressione, le patologie della colonna vertebrale e delle articolazioni, la sindrome ansiosa, l’infezione vaginale e le patologie otorinolaringoiatriche, oculistiche e odontoiatriche. Le visite più richieste dai migranti, quindi, sono ginecologiche, pediatriche, ortopediche, gastroenterologiche, cardiologiche, pneumologiche e di medicina interna».

«Infine – conclude Foad Aodi – bisogna combattere alcune usanze legate alla cultura o alla religione di queste persone, come le cure fai-da-te, dei santoni o l’infibulazione genitale femminile. Siamo a favore di una Legge che autorizzi a livello nazionale la circoncisione preventiva, ci sono aspetti della donazione del sangue e degli organi che vanno approfonditi. Ricordando sempre che la sanità è un diritto universale, che deve rispettare la cultura e la religione di tutti così come i cittadini di origine straniera devono rispettare le leggi del Paesi in cui vivono».

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