Le infezioni correlate all’assistenza ospedaliera (ICA) sono sempre più causate da batteri resistenti e rappresentano la prima causa di morte per infezioni nel nostro Paese. L’incontro, presso l’ospedale “Antonio Cardarelli” di Napoli, ha acceso i riflettori sull’importanza di una corretta gestione del rischio clinico e del necessario coinvolgimento attivo del paziente nel processo di informazione e prevenzione.
Le infezioni correlate all’assistenza ospedaliera (ICA) colpiscono 700mila persone ogni anno in Italia, uccidendone quasi tremila (più di qualsiasi altra patologia infettiva e degli incidenti stradali) e impattando sulla spesa pubblica per circa un miliardo all’anno. Si tratta sempre più spesso di infezioni antibiotico-resistenti ma soprattutto sarebbero, nel 30% dei casi, infezioni evitabili rispettando determinati standard di igiene e prevenzione all’interno delle strutture ospedaliere.
Da questi dati è partito il confronto, nei giorni scorsi presso l’ospedale “Antonio Cardarelli” di Napoli, sulla necessità di costruire delle linee guida nazionali sulle ICA per una gestione integrata e multidisciplinare delle stesse, con le quali proporre al governo, in sede di Hackathon 2020, l’aggiornamento del PNCAR (Piano Nazionale di Contrasto all’Antibiotico Resistenza 2017/2020) e l’inserimento delle azioni individuate tra le raccomandazioni del Ministero sulla prevenzione del rischio clinico. L’incontro, promosso dalla Società Scientifica HCRM, dall’Università Campus Bio-Medico di Roma, dalla Asl Napoli 1 Centro, dall’A.O.R.N. Antonio Cardarelli di Napoli e dal Forum Innovazione ha acceso i riflettori sull’importanza di una corretta gestione del rischio clinico e del necessario coinvolgimento attivo del paziente nel processo di informazione e prevenzione.
Mascherine chirurgiche, guanti sterili, calzari ma anche il semplice lavaggio della mani sono fattori imprescindibili, eppure ci sono altri aspetti, cui meno comunemente si pensa, da non sottovalutare: «Dobbiamo dire basta una volta per tutte al paternalismo e al lassismo con cui si gestiscono le visite ai degenti nelle strutture ospedaliere- afferma la dott.ssa Luciana Bevilacqua, Risk Manager Azienda Sociosanitaria Territoriale di Pavia – ma soprattutto dobbiamo compiere quella battaglia culturale che vedrà finalmente il cittadino-paziente al primo posto, consapevole dei suoi diritti e informato sulle strategie di prevenzione. Un esempio fra tutti è la pratica della tricotomia, che i chirurghi ancora si ostinano a effettuare ai pazienti prima degli interventi. L’inutilità e il potenziale infettivo di questa pratica sono stati ampiamente dimostrati ma il paziente non lo sa e non si oppone come dovrebbe».
E se la centralità del paziente nel processo decisionale si candida ad essere uno dei capisaldi della lotta alle infezioni ospedaliere, la formazione adeguata del personale sanitario è di certo un altro fattore determinante, come rivela il prof. Alberto Firenze, Presidente Nazionale dell’Associazione Italiana Hospital & Clinical Risk Manager, e componente Osservatorio Nazionale Agenas: «L’aggiornamento e la formazione sono emersi, durante il sondaggio fatto in sede di convegno, come strategia principale per combattere questa emergenza, come lo sono per fronteggiare qualsiasi criticità che coinvolge il nostro sistema salute. Oggi lanciamo, a seguito di una Call for Ideas che abbiamo fatto con Aziende private che in outsourcing già collaborano con le strutture ospedaliere, dei focus per strutturare percorsi formativi ed educativi molto importanti».
«Le infezioni correlate all’assistenza, soprattutto quelle derivate da antibiotico-resistenza sono un problema da affrontare se non vogliamo che negli anni continui questo trend pericolosamente ingravescente – afferma Silvestro Scotti, presidente OMCeO Napoli e Segretario Nazionale FIMMG – . Se da un lato è fondamentale una maggior consapevolezza nella popolazione sul corretto uso degli antibiotici, dall’altro è essenziale investire in un potenziamento della medicina territoriale per favorire sempre più la deospedalizzazione e togliere quindi il paziente da una situazione di potenziale rischio ICA. Come OMCeO di Napoli prevediamo per i nostri iscritti una sempre più ampia offerta formativa in tal senso».