Alla Prima Conferenza Nazionale che si è svolta a Firenze lectio magistralis del fondatore di Diritti in movimento. «La chiave di volta è il passaggio da una concezione caritatevole, commiseratoria, assistenzialistica del soggetto fragile a una concezione che noi chiamiamo emozionale» sottolinea a Sanità Informazione
Un tavolo nazionale sui diritti civili delle persone fragili al Ministero della Giustizia per cambiare radicalmente il modo di prendersi cura delle persone più deboli. L’annuncio è arrivato da Paolo Cendon, Professore di Diritto privato all’Università di Trieste e da sempre giurista attento a queste problematiche nel corso della Prima Conferenza nazionale delle Fragilità che si è svolta a Firenze nel corso del 14° Forum Risk Management. Ai microfoni di Sanità Informazione il celebre giurista, fondatore dell’associazione Diritti in Movimento, ha spiegato le ragioni filosofiche e giuridiche che spingono verso una riforma dei diritti civili ormai non più rinviabili. «La chiave di volta è il passaggio da una concezione caritatevole, commiseratoria, assistenzialistica del soggetto fragile a una concezione che noi chiamiamo emozionale. Cioè vederlo come una persona che sì ha i suoi problemi, le sue ombre ma comunque ha anche un garbuglio di desideri, di aspettative, di speranza di vita, di obiettivi da raggiungere molto importanti e significativi per lui» spiega Cendon. Un concetto che riguarda da vicino il mondo sanitario perché spesso si parla di soggetti con gravi patologie, da ludopatici e tossicodipendenti alle persone con malattie neurodegenerative. Tra le proposte di Cendon quella di abrogare l’interdizione, di cambiare il Codice civile sull’amministrazione di sostegno, di ritoccare la legge sul dopo di noi e introdurre il progetto di vita e infine il ‘contratto di rifioritura’ «per evitare che ogni tossico che sta molto male faccia del male, uccida e che invece accetti un percorso di ritorno alla civiltà».
Professore, quali sono le principali novità in materia di fragilità?
«Ci sono tante leggi in materia. Alcune leggi sono molto buone altre molto cattive e occorre cambiarle. Il Codice civile per certi versi è invecchiato, basti pensare che ha ancora l’interdizione e siamo quasi l’unico Stato ad avercela ancora quando invece molti l’hanno eliminata. Ci sono nuovi problemi che sorgono perché i deboli, i fragili, i vulnerabili si moltiplicano: basti pensare ai migranti, ai carcerati, agli anziani. C’è un complesso di ragioni che ci obbliga a prendere atto dei vari problemi che da vari punti di vista spintono a rimeditare questa categoria, questo universo. Noi proponiamo varie linee di intervento: ce ne sono alcune più culturali, più di fondo. Soprattutto la chiave di volta è il passaggio da una concezione caritatevole, commiseratoria, assistenzialistica del soggetto fragile a una concezione che noi chiamiamo emozionale. Cioè vederlo come una persona che sì ha i suoi problemi, le sue ombre ma comunque ha anche un garbuglio di desideri, di aspettative, di speranza di vita, di obiettivi da raggiungere molto importanti e significativi per lui. Allora vederlo come portatore di questa congerie di momenti, di aspettative e la caratteristica che essendo fragile non ha la forza da solo di realizzarlo come tendenzialmente abbiamo noi che fragili non siamo. Cioè è uguale a noi nel fatto che è un soggetto desiderante, ma non è uguale a noi nel fatto che non è in grado da solo di realizzarli. Ci sono degli ostacoli che però vanno rimossi, come dice l’articolo 3 della Costituzione. È una prospettiva abbastanza diffusa anche se non completamente perché ci sono sacche in Italia dove prospera questa vecchia concezione paternalistica della fragilità».
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Ci sono altre priorità nel vostro approccio alla fragilità?
Un altro imperativo categorico per noi è quello di accostarsi a questa persona bisognosa di una offerta riconoscendo i suoi diritti, non solo il diritto amministrativo, il diritto penale, la psichiatria, il diritto costituzionale ma anche il diritto civile che vede la persona come portatore di una serie di diritti come il diritto al sostegno, il diritto a non soffrire, il diritto all’accompagnamento, il diritto alla felicità, all’autodeterminazione. Ci sono nuove prerogative che sono sbocciate, qualcuno parla di diritto alla gentilezza, alla realizzazione personale, all’inclusione. Tutte cose nuove, alcune con un coefficiente di giuridicità già abbastanza forte altre in cerca di se stesse. Però la chiave è quello di vedere il bisognoso non come uno con le mani tesa o con il cappello davanti le ginocchia in attesa che qualcuno gli butti giù un provvedimento di assistenza ma come uno che ha dei diritti e dei doveri. Anche lui avrà dei doveri di partecipazione, di aiuto. Per esempio i soggetti a rischio, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i ludodipendenti hanno il dovere di capire che non possono continuare così ma devono accettare un contratto con lo Stato per uscire da questa condizione. Ci sono poi altri diritti come il diritto a non essere abbandonato. ‘Non abbandonarmi’ è il grande soffio che arriva dal basso espresso o implicito che sia. E ancora ‘non mortificarmi’, ‘non farmi pagare in cambio del soccorso che forse mi darai, dell’attenzione che forse mi presterai un prezzo molto alto’. Quindi non togliermi i diritti, non umiliarmi, non avvilirmi con una amputazione di prerogative, di dovei. Cosa che avviene molto spesso: ti proteggo ma in cambio ti tolgo dei diritti. Se tu non vuoi che ti tolga questo non ti proteggo. Come avviene per l’interdizione. Dammi senza chiedermi qualcosa in cambio se non dei doveri».
Il Ministero della Giustizia ha già realizzato delle iniziative in merito…
«Il Ministro della Giustizia è sensibile a questi temi. Abbiamo un Ministro che queste cose le ha studiate, le ha vissute a Firenze, si è laureato sul danno esistenziale. È stato sensibile ai discorsi che gli ho fatto e quindi stiamo andando verso la costituzione di un tavolo nazionale sui diritti civili delle persone fragili in cui faremo le nostre battaglie che sono a livello legislativo nazionale, a livello legislativo regionale, a livello di riforma dei comuni e poi a livello generale di mentalità. Ci sono dei grossi vuoti nelle leggi che occorre colmare in fretta».
Qual è il primo vuoto da colmare?
«La prima cosa è abrogare l’interdizione, poi cambiare il Codice civile sull’amministrazione di sostegno e migliorarlo. La terza cosa è ritoccare la legge sul dopo di noi e introdurre il progetto di vita e fare in modo che i disabili orfani non siano più soli. La quarta cosa fare quello che noi chiamiamo il ‘contratto di rifioritura’ per evitare che ogni tossico che sta molto male faccia del male, uccida e che invece accetti un percorso di ritorno alla civiltà. L’altra cosa molto importante per noi è che le persone fragili, come i down o quelle affette da Alzheimer, possano sposarsi. Che le persone fragili possano realizzarsi, senza ingabbiarli in presunte categorie o pregiudizi di ogni tipo. Sappiamo che hanno delle difficoltà ma certe cose le possono già fare, quindi bisogna cambiare la legge notarile».