Alcuni degli oncologi più importanti d’Italia si sono dati appuntamento a Roma al convegno “Le terapie oncologiche agnostiche. La nuova frontiera nella lotta ai tumori”. Il Vice Ministro Sileri: «Queste terapie sono una vera rivoluzione nel trattamento dei pazienti oncologici laddove è dimostrata una alterazione genetica comune»
Il termine “terapie agnostiche” può trarre in inganno. Ma non si tratta di una questione religiosa. Parliamo invece di una delle ultime frontiere della lotta al cancro, cioè quelle terapie che hanno come bersaglio le mutazioni genetiche e prescindono dall’organo e/o dalla struttura di origine. E che, almeno per la parte dell’immuno-oncologia, dobbiamo al lavoro dei Premi Nobel per la Medicina James Allison e Tasuku Honjo che con i loro studi hanno permesso di capire come funzionano alcuni meccanismi del sistema immunitario e hanno aperto la via a queste terapie rivoluzionarie.
Un cambiamento quasi filosofico nella lotta al tumore che però non vede ancora al passo con i tempi gli organismi regolatori. Di tutto questo si è parlato al convegno “Le terapie oncologiche agnostiche. La nuova frontiera nella lotta ai tumori”, che ha avuto luogo nella Sala Zuccari del Senato, promosso dall’Osservatorio Nazionale per i Diritti dei Malati, con il patrocinio del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità.
Padrone di casa Stefano Vella, già presidente dell’AIFA, oggi professore all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. «Le terapie agnostiche sono delle terapie che attaccano il tumore non in base alla sua localizzazione oppure al suo aspetto istologico ma o in base al meccanismo di azione, per esempio le terapie monoclonali come l’immunoterapia che attaccano tutti i tumori con lo stesso meccanismo di azione, o con dei farmaci più chimici mirati a dei recettori scoperti grazie alla biologia molecolare che le cellule tumorali. Potremmo definirli delle targhe: questi farmaci attaccano le targhe indipendentemente dalla macchina e quindi diciamo che sono ‘pantumorali’: chiunque abbia quella targa viene attaccato. È una novità anche dal punto di vista regolatorio perché l’approvazione di un farmaco che funziona su tanti tumori è un procedimento nuovo. Ma anche dal punto di vista clinico per cui oggi la terapia dei tumori viene basata sulla diagnostica molecolare oltre che sull’istologia e sulla localizzazione, che comunque sono necessarie. È sicuramente una novità concettuale».
La tavola rotonda ha visto la partecipazione di alcuni dei più importanti clinici in materia: da Francesco Cognetti, Direttore del Dipartimento di Oncologia Medica dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma a Giovanni Scambia, Ordinario di Ginecologia e Ostetricia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, da Michele Maio, Direttore del centro di Immuno-Oncologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Siena a Walter Ricciardi, Chairman del “Mission Board on Cancer” della Commissione europea. Tra i relatori anche numerosi politici: Maria Rizzotti e Paola Binetti, Forza Italia, entrambe nella Commissione Sanità del Senato, e il Vice Ministro alla Salute Pierpaolo Sileri.
«È una vera rivoluzione nel trattamento dei pazienti oncologici laddove è dimostrata una alterazione genetica comune – sottolinea Sileri -. Si tratta di diversi tumori che istologicamente sono diversi ma geneticamente hanno una proprietà comune che però consente di essere attaccata attraverso un farmaco ben definito». Sileri ha poi voluto ribadire che «è necessario avere quanti più studi possibile per valutare l’efficacia di una terapia. Quando vi è un nuovo farmaco che consente una terapia innovativa credo che soprattutto all’inizio sia necessario andare incontro agli agenti regolatori per poter anche regolare meglio l’efficacia su campioni più ampi e anche la potenzialità del farmaco stesso».
Enormi le potenzialità di questo tipo di terapie. Quando il professor Michele Maio ha mostrato i risultati dell’immunoterapia su una paziente affetta da tumore mammario, con regressione della malattia ben visibile a distanza di qualche anno, è apparso evidente come la lotta al cancro sia a un punto di svolta. Sullo sfondo restano anche delle problematiche: serve velocità da parte delle istituzioni nel riconoscere la validità di queste terapie e, in secondo luogo, le autorità devono garantire a tutti l’accesso a questi farmaci che invece resta ancora molto a macchia di leopardo non solo tra est e ovest d’Europa ma anche tra nord e sud dell’Italia.
«Una delle critiche che è stata fatta alle terapie dei tumori è che c’erano troppi farmaci che davano poco – spiega Stefano Vella -. Ma poco è un concetto relativo. Sei mesi di vita per una persona che ha nipoti sono importanti. A lungo però i progressi sono stati lenti. Oggi invece stiamo vedendo delle sopravvivenze importanti, qualità di vita importante, tossicità inferiori perché le terapie sono mirate, non come la vecchia chemio che distrugge tutto come la bomba atomica. Alcuni farmaci della vecchia chemio rimarranno ma associati a dei farmaci che sono molto più mirati verso quella singola cellula e non dovrebbero dare fastidio ad altre cellule dell’organismo e quindi essere molto più mirati».
Le terapie agnostiche sono dunque il futuro della cura contro i tumori perché forniranno a ogni paziente nuove e più efficaci chance di guarigione. Ma sono destinate a cambiare anche il modo di fare sperimentazione. Gli studi clinici saranno sempre di più “basket trials”: valuteranno l’efficacia di un farmaco specifico in pazienti con tumori a localizzazione diversa ma caratterizzati dalla stessa alterazione genomica. Questi studi permetteranno da un lato a persone con diversi tipi di cancro di partecipare allo stesso studio clinico e dall’altro di velocizzare la valutazione di farmaci anche su tumori rari o su tumori con mutazioni rare.