Intervista al dottor Claudio Micheletto, Direttore Pneumologia Azienda Ospedaliera Universitaria di Verona: «Con patologie pregresse aumenta la pericolosità dei fumi»
Un disastro senza precedenti. I roghi che stanno bruciando i boschi australiani continuano a distruggere la vegetazione locale e uccidere animali e persone. I danni però si registrano anche lontano dalle fiamme, a causa delle nubi di fumo denso che, spinte dal vento, raggiungono zone (anche molto popolose) lontane diversi chilometri. Abbiamo chiesto al dottor Claudio Micheletto, Direttore di Pneumologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Verona e Responsabile Gruppo di studio BPCO, Asma e Malattie Allergiche dell’Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri (AIPO), quali sono i rischi a cui va incontro chi inala i fumi di questo tipo di roghi.
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Dottor Micheletto, le fiamme in Australia stanno mietendo numerose vittime. Quali sono i pericoli per la salute di chi respira il fumo derivante dagli incendi di questi giorni?
«Il fumo nasce dalla combustione e libera nell’aria molte sostanze. Uno dei problemi è dunque quello relativo all’aumento delle polveri sottili. Ne parliamo spesso anche da noi ma, ovviamente, in termini quantitativi molto inferiori. Più sono piccole queste polveri più facilmente si depositano in profondità nell’apparato respiratorio. Esistono poi varie sostanze che vengono liberate dalla combustione, come benzene, acetaldeide, ammoniaca, ossido di azoto e ossido di carbonio.
Le polveri sottili penetrano nell’apparato respiratorio e possono scatenare crisi asmatiche, soprattutto nei soggetti predisposti ad asma bronchiale e BPCO (Bronco Pneumopatia Cronica Ostruttiva). Si tratta, in sostanza, della malattia del fumatore, ed è caratterizzata da ostruzione bronchiale e infiammazione persistente. Entrambe queste malattie possono causare, nel caso di inalazione di ulteriori sostanze irritanti, un peggioramento delle condizioni di base delle persone già affette da determinate patologie.
L’Australia, nello specifico, è una zona che ha percentuali particolarmente elevate di persone affette da asma. L’estate scorsa, in seguito ai forti temporali che si sono abbattuti in quelle terre, la popolazione ha sofferto particolarmente di questa patologia perché la pioggia libera molti allergeni. Avendo dunque una popolazione che ha un’elevata percentuale di asmatici, un’esposizione del genere a questi irritanti è molto rischiosa».
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Nel caso di persone come possono essere i pompieri, cioè chi sta proprio lì, vicino ai roghi, anche per periodi più prolungati di tempo, che rischi si corrono?
«Parliamo di effetto acuto quando una persona respira l’inquinante ed ha delle reazioni. Chiunque respiri un po’ di fumo, ad esempio, è portato a tossire, a riprova di quanto possa essere irritante. È ovvio che vicino al luogo della combustione esiste un’elevata quantità di monossido di carbonio, il quale ha un effetto di intossicazione sulla persona. Il monossido di carbonio ha una elevatissima affinità con l’emoglobina, più alta di oltre 200 volte rispetto all’ossigeno. Ciò significa che, sostanzialmente, spazza via l’ossigeno dall’emoglobina e viene trasportato nei tessuti umani. Da questo derivano nausea, vomito, cefalea fino alla perdita di conoscenza. Questa è la classica intossicazione da monossido di carbonio. Ovviamente poi il danno infiammatorio è legato al quantitativo, quindi per il pompiere, seppur protetto da maschere e così via, parliamo di livelli molto più alti rispetto ad una persona che lo respira ad una distanza di 100 km. Qui non parliamo del “banale” incendio di un palazzo. Qui si tratta di ettari ed ettari di terreno che vanno in fumo. Il rischio è ovviamente molto più importante».
Parlava di malattia acuta. Ma chi viene esposto per parecchio tempo a questo fumo fra qualche anno può sviluppare qualche tipo di patologia?
«Diciamo che c’è un effetto leggermente tardivo, nel senso che la mucosa infiammata perde la sua capacità di barriera, per cui non nell’immediato ma a breve distanza la persona può essere soggetta ad infezioni. La nostra mucosa bronchiale è una mucosa cigliata, ovvero dotata di ciglia che battono a lungo verso l’esterno. Il danno che si va ad arrecare è un processo infiammatorio accentuato. Il rischio più evidente è quello della bronchite cronica. Poi ovviamente le sostanze di cui parlavo prima, dall’ammoniaca all’acetaldeide, sono teoricamente anche sostanze cancerogene. Però diciamo che il rischio più importante è quello dello svilupparsi di malattie infiammatorie croniche, e un rischio meno evidente che può essere quello delle neoplasie polmonari».
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