«Abbiamo minore disponibilità di posti letto e quindi abbiamo a volte delle dimissioni precoci in assenza di strutture intermedie in grado di farsi carico del paziente». È l’allarme lanciato da Pina Onotri, segretario generale dello SMI. A preoccupare è anche la mobilità interregionale
Diminuiscono i ricoveri ospedalieri, «ma a che prezzo?» si domanda Pina Onotri, segretario generale Sindacato Medici Italiani (SMI), raggiunta al telefono da Sanità Informazione per commentare i dati raccolti nel Rapporto annuale sull’attività di ricovero ospedaliero (SDO) – Anno 2018, a cura della Direzione generale della Programmazione sanitaria del Ministero della Salute.
«Oggi si dimettono in maniera precoce pazienti in assenza di strutture territoriali o di assistenza territoriale-domiciliare in grado di accoglierli. Come medico di famiglia me ne rendo conto. A volte malati complicatissimi sono trasferiti a domicilio» spiega la dottoressa Onotri che individua due cause principali nella diminuzione dei giorni di degenza: «Molti interventi sono cambianti, sono state immesse nuove tecniche, pensiamo alla laparoscopia oppure ai farmaci innovativi, però d’altro canto anche il taglio dei posti letto e la soppressione di personale ha fatto la sua».
«Gli ospedali sono chiamati a rispettare i DRG (diagnosis-related group) quasi come una catena di montaggio» continua la segretaria SMI. «Abbiamo minore disponibilità di posti letto e quindi abbiamo a volte delle dimissioni precoci in assenza di strutture intermedie in grado di farsi carico del paziente, a meno che non siano strutture private. Le famiglie si ritrovano a casa malati anche gravi con tutte le difficoltà che seguono. La nostra non è più una sanità gratuita ma partecipata».
Un dato negativo è anche la mobilità interregionale. «Con un saldo positivo per le regioni del nord, dove in pratica si recano tutti i cittadini del sud Italia, soprattutto dalla Puglia e dalla Calabria. Abbiamo però anche un flusso di denaro che si sposta e che viene sottratto alla sanità locale. Ecco perché ci siamo detti contro l’autonomia differenziata, perché ancora di più andrebbe a creare questo tipo di gap».
Inoltre, secondo il sindacato le aggressioni ai medici sono «strettamente correlate» alla fotografia rappresentata dal Rapporto SDO. «Il medico in quel contesto rappresenta il primo front office, per cui una più difficile accessibilità ai servizi innesca una maggiore aggressività nell’utente che si vede privato di quello che ritiene un suo diritto. Infatti, perché negli anni scorsi il fenomeno era di dimensioni minori? Evidentemente i servizi sul territorio erano di più».
«Gli operatori sanitari sono sempre più stanchi, soggetti a turni massacranti e senza un turn over. Parliamo di personale abbastanza anziano e non gratificato, né dal punto di vista dell’autonomia professionale né dal punto di vista organizzativo né dal punto di vista economico. Inoltre, i tagli che hanno interessato in maniera orizzontale la sanità, hanno coinvolto pure i dipartimenti di salute mentale, quindi molti malati psichiatrici che girano in più sul territorio. Infine, – conclude Onotri – il senso di impunità che alimenta la spirale di violenza. Se si guarda il dato economico abbiamo ottenuto quello che dovevamo ottenere, ma a che prezzo?».
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