La norma, approvata in via definitiva, prevede un meccanismo simile a quello sulle disposizioni anticipate di trattamento: in questo caso però va indicato obbligatoriamente un fiduciario. «Potrà essere un mezzo per andare a sostituire la ricerca condotta sugli animali» sottolinea la deputata Cinque Stelle, relatrice del provvedimento
Secoli fa solo un genio come Leonardo Da Vinci e pochi altri studiosi si dedicavano agli studi anatomici attraverso la dissezione dei cadaveri. A distanza di tempo però le cose non sembrano essere migliorate e almeno nel nostro Paese è ad oggi raro questo tipo di studio anche per la mancanza di ‘materie prime’ su cui lavorare. Eppure lo studio del corpo umano resta per molti l’unico metodo idoneo ad acquisire una conoscenza reale, particolareggiata e tridimensionale degli organi del corpo umano e soprattutto uno strumento formidabile per allenare i chirurghi del domani ad essere ancora più bravi. Per questo è stata approvata in via definitiva alla Camera la Legge sulla Donazione del Corpo post mortem per favorire la donazione ai fini di ricerca. Lo strumento utilizzato è quello della legge 219/2017 sul consenso informato e sulle DAT: dunque il consenso potrà avvenire per atto pubblico, per scrittura privata autenticata o per scrittura privata consegnata personalmente dal disponente presso l’Ufficio dello stato civile del comune di residenza. A differenza della legge 219/2017, che prevede la possibilità di indicare nelle DAT un fiduciario chiamato a rappresentare il disponente nelle relazioni con il medico e con le strutture sanitarie, nella dichiarazione di consenso alla donazione post mortem deve essere obbligatoriamente indicato un fiduciario a cui spetta l’onere di comunicare al medico che accerta il decesso l’esistenza del consenso. Sarà istituito un elenco presso il Ministero con i Centri di riferimento per la conservazione e l’utilizzazione dei corpi dei defunti che comunque saranno tenuti a restituire la salma alla famiglia in condizioni dignitose entro dodici mesi dalla consegna. Gli oneri per il trasporto del corpo, dal momento del decesso fino alla sua restituzione, le spese relative alla tumulazione, nonché le spese per l’eventuale cremazione sono a carico dei centri, che provvedono nell’ambito delle risorse destinate ai progetti di ricerca. Ne abbiamo parlato con la relatrice della Legge alla Camera Rosa Menga (M5S), medico e studentessa del corso di formazione in Medicina generale, che ricorda il ruolo fondamentale dei camici bianchi nel sensibilizzare i cittadini sul tema: «Nell’alleanza terapeutica che è essenziale instaurare con i pazienti – sottolinea Menga – è anche doveroso informarli di quelle che possono essere le prospettive ultime sulla fine della propria vita, sulle scelte che si possono compiere in punto di morte e, perché no, anche dopo la morte, per poter essere utili alla ricerca scientifica».
Onorevole, lei è stata la relatrice del provvedimento che permette la donazione del corpo post mortem. Cosa prevede?
«Questa norma che adesso è legge dello Stato prevede che già durante la vita qualsiasi cittadino possa esprimere la propria volontà consapevolmente sulle disposizioni da lasciare relativamente al proprio corpo dopo la morte. Così come è stato per le disposizioni anticipate di trattamento, anche in relazione a ciò che accadrà al nostro corpo dopo la morte c’è la possibilità, sin da quando si è in vita, di esprimere il proprio consenso e di destinare il proprio corpo allo studio e alla formazione medica o anche alla ricerca scientifica».
Perché un cittadino dovrebbe predisporre la donazione del proprio corpo post mortem?
«È sicuramente importante per lo studio e per la formazione. Già questo sarebbe di per sé sufficiente. Sappiamo che l’Italia è dovuta ricorrere all’importazione di cadaveri a scopo di formazione anche proprio per gli studi anatomici dei giovani medici ma lo è ancora di più dopo le modifiche che sono intervenute in questa legislatura a questo disegno di legge che era già frutto del lavoro della Commissione Affari Sociali nelle passate legislature perché l’ulteriore finalità è proprio quella della ricerca scientifica e in tal senso potrà essere un mezzo per andare a sostituire la ricerca condotta sugli animali».
Questa legge si lega strettamente a quella delle DAT perché le modalità di donazione coincidono. Quali sono?
«Le modalità sono le stesse perché la banca dati che andrà a raccogliere le disposizioni anticipate di trattamento e che è stata resa disponibile con il decreto firmato a dicembre scorso dal ministro della Salute e pubblicato in Gazzetta Ufficiale sarà la stessa banca dati istituita a livello nazionale che raccoglierà le disposizioni anche relative alla donazione del proprio corpo. Il punto in comune è anche la modalità con cui il cittadino potrà operare questa scelta perché potrà rilasciare un atto pubblico o una scrittura privata autenticata da un notaio o depositata direttamente presso gli uffici comunali e in questo modo dare le disposizioni inerenti le proprie volontà anche attraverso la nomina di un fiduciario che potrà fare le veci del disponente quando questo non sia più in grado di esprimere la propria volontà».
È importante che i medici informino i pazienti. Si sente di fare un appello ai camici bianchi su questo?
«Certo. Rivolgo un appello perché sono anche io un medico e sento di volermi rivolgere ai miei colleghi. Nell’alleanza terapeutica che è essenziale instaurare con i pazienti è anche doveroso informarli di quelle che possono essere le prospettive ultime sulla fine della propria vita, sulle scelte che si possono compiere in punto di morte e perché no anche dopo la morte per poter essere utili alla ricerca scientifica».
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