Il testo del decreto, in attesa dell’approvazione della Camera, prevede medici operativi oltre i 40 anni di attività e concorsi accessibili agli specializzandi dal terzo anno. Ferma contrarietà da FederSpecializzandi: vediamo perché con il presidente Mirko Claus
Il decreto Milleproroghe, dopo tanti rinvii e una serie di emendamenti esaminati in Commissione Affari Costituzionali e Bilancio della Camera, ha iniziato l’iter alla Camera dei deputati per la richiesta del voto di fiducia da parte del Governo. Il testo, che va convertito in legge entro il 29 febbraio, passerà poi al Senato.
Tra i principali emendamenti approvati con il decreto fanno discutere quelli riguardanti camici bianchi e medici in formazione specialistica. Per contrastare l’emergenza e la carenza medici in Italia, il testo consente ai medici di restare in servizio superati i 40 anni di attività e fino ai 70 anni e la possibilità di assunzione a tempo determinato e con orario parziale (per consentire, contemporaneamente, di completare la specializzazione) per gli specializzandi già a partire dal terzo anno di corso di formazione.
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Fortemente contraria a entrambe le possibilità l’Associazione nazionale dei medici in formazione specialistica FederSpecializzandi, guidata dal dottor Mirko Claus. Il Presidente, nell’intervista a Sanità Informazione, ha espresso le sue perplessità sulle misure approvate e rilevato tutte le criticità soprattutto per i giovani medici.
«La nostra posizione sull’emendamento presentato dal Governo che riguarda la possibilità per gli specializzandi di essere assunti dal terzo anno è di totale contrarietà – spiega Mirko Claus -. Ci eravamo opposti anche al momento dell’approvazione dell’emendamento durante il processo di conversione in legge del decreto Calabria che già prevedeva l’assunzione degli specializzandi al penultimo e all’ultimo anno. Quest’ulteriore scalino, secondo noi, in questo momento storico e con questo quadro normativo, propone una frammentazione della formazione inaccettabile» ammette il presidente.
«La norma – continua Claus – prevede che siano i singoli accordi tra regioni e università a definire la compatibilità dell’assunzione di dirigente medico e allo stesso tempo specializzando a tempo parziale in ogni singola realtà, creando una frammentazione su base regionalistica che non ci trova assolutamente d’accordo. Tra l’altro – precisa – non è ancora stato trovato un accordo tra i ministeri competenti – ministero dell’Università, ministero della Salute, le regioni e le università – per definire in omogenea l’applicazione di questa misura. L’assunzione al terzo anno è stata approvata senza neppure aver valutato, poiché non ancora applicate, le assunzioni al quarto e al quinto anno. È prematura e mira a indebolire un contesto già estremamente precario».
Assumere nel Servizio Sanitario Nazionale un giovane medico in pieno percorso formativo appare una misura sbagliata e rischiosa: «La formazione sarebbe oscurata per soddisfare la richiesta di servizi, senza garantire né qualità né sicurezza – sottolinea Claus -. Con questo tipo di impostazione, le esigenze operative diventano predominanti rispetto alla formazione; non secondario è inoltre il peso della qualifica dirigenziale che corrisponde all’assunzione di una responsabilità piena, totale e autonoma, sostitutiva del personale medico in servizio anche in contesti che possono essere estremamente sfidanti» spiega.
«In questo percorso ibrido, gli specializzandi non possono essere formati correttamente da un personale che è già allo stremo e in emergenza e non può supervisionare il loro lavoro e si troverebbero a essere veri e propri “tappabuchi”» ammette -. È necessaria una riforma organica – prosegue il presidente – per rendere rispettosa la formazione di qualità e garantire al nostro SSN professionisti in grado di rispondere adeguatamente alle esigenze attuali».
Chiusura anche sull’innalzamento dell’età pensionabile a 70 anni: «È una misura tampone che non ci trova d’accordo: i medici che hanno contributo con il duro lavoro alla sostenibilità del sistema hanno diritto alla pensione e chiediamo ambienti di lavoro e condizioni di lavoro attrattive per i professionisti che vogliono lavorare nel SSN pubblico».
Quali sono, allora, le misure da adottare per contrastare la carenza medici negli ospedali? «Noi pensiamo che le reti formative già previste dal Decreto Legislativo 368, che riguarda la formazione medico specialistica, siano un grande strumento che vada utilizzato a pieno con la possibilità per il medico specializzando di formarsi sia in contesti universitari che negli ospedali sul territorio. Questo però – sottolinea il presidente Claus – deve avvenire sotto un’adeguata supervisione e in un contesto dove la formazione anche da parte dei tutor sia di qualità e di livello e in un quadro normativo che tuteli il medico in formazione specialistica che sta acquisendo gradualmente competenze. Siamo concordi nel ritenere l’autonomia un elemento essenziale per l’identità stessa dello specializzando, ma non deve essere lui a sopperire a carenze di organico che potrebbero, poi, tradursi in carenze assistenziali» conclude.
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