Secondo il commissario straordinario del Policlinico Tor Vergata di Roma e presidente di Federsanità, le aggressioni al personale sanitario e l’elevato numero di richieste di risarcimento testimoniano la spaccatura che si è venuta a creare negli ultimi anni nel rapporto tra cittadini e medici
Tra mondo medico e cittadini è in atto una «frattura culturale» che si manifesta principalmente con «le richieste di risarcimento, che restano a livelli piuttosto rilevanti» e con le aggressioni al personale sanitario. Secondo Tiziana Frittelli, Commissario Straordinario del Policlinico Tor Vergata di Roma e Presidente di Federsanità, bisogna intervenire su questa divisione per non rovinare uno dei «servizi migliori che eroga il nostro Paese», partendo proprio da un confronto tra «esperienze culturali diverse». Frittelli è intervenuta nel corso del convegno “Rischio clinico e gestione del contenzioso”, che ha avuto luogo nei giorni scorsi a Roma.
Presidente Frittelli, quanto sono importanti momenti di confronto come questo per cercare di risolvere le principali problematiche del settore sanitario?
«Avere dei momenti di confronto come questi è, secondo me, particolarmente importante. Si tratta di un’ottima occasione in cui combinare esperienze culturali diverse. Quelle dei nostri professionisti per esempio, i quali hanno sicuramente una expertise molto elevata proprio perché hanno creato un Servizio sanitario nazionale all’altezza di aspettative mondiali. Nello stesso tempo, però, in questo momento subiamo tutti una frattura culturale tra mondo sanitario e cittadini. Ne è una riprova anche la tematica importante delle aggressioni e, soprattutto, quella delle richieste risarcitorie. È vero che in questo momento si registra una certa stasi, ma restano comunque piuttosto rilevanti, soprattutto come impatto economico sul Fondo sanitario nazionale. La Legge Gelli, che tutela sia i pazienti che si sentono danneggiati che il mondo sanitario, medico e professionale in genere, ha posto l’onere del risarcimento a carico delle strutture, sia pubbliche che private».
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Ha messo più o meno sullo stesso piano la questione contenzioso e quella delle aggressioni. Fanno parte di uno stesso problema?
«Non proprio, però sicuramente c’è una frattura culturale in atto, per cui è indispensabile accelerare e migliorare i processi di comunicazione con il paziente. Non dimentichiamo che subito dopo la legge sulla responsabilità professionale sanitaria è stata emanata la legge sul consenso. Su questa stiamo ancora dibattendo perché ci sono degli aspetti da chiarire. Dall’altro lato però è vero che si crea una certa aggressività, e questo non possiamo consentirlo: dobbiamo garantire le cure, certamente, ma non possiamo garantire la guarigione. Non possiamo garantire tutto e subito in un Paese che sta invecchiando e che sta anche un po’ faticando a tenere il passo, nonostante l’eccellenza che abbiamo almeno in una gran parte d’Italia. Dobbiamo trovare misure organizzative, ma l’unica cosa che non ci possiamo permettere in questo momento è che questo Ssn, che sicuramente è uno dei migliori servizi che vengono erogati in questo Paese, venga maltrattato dai cittadini. Anche perché ha un alto costo per la collettività».
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