Tra i disturbi del sonno, la patologia delle apnee ostruttive è in assoluto la più pericolosa. Dalla Fondazione per la Ricerca dei Disturbi del Sonno, Peverini: «Oggi apparecchiature a domicilio facilitano diagnosi e trattamento»
OSAS, la malattia del sonno è una vera e propria epidemia. Le Apnee del sonno colpiscono quasi 2 milioni di italiani e molti non sanno di soffrirne. A questo proposito interviene Francesco Peverini, Direttore della Fondazione di Ricerca e Cura dei Disturbi del Sonno Onlus.
L’Osas è stato definito un allarme sociale, soprattutto per i costi che si ripercuotono sul Sistema Sanitario Nazionale ma anche per l’elevato numero di pazienti che ne soffrono. Eppure se ne parla troppo poco, perché?
«Effettivamente di OSAS se ne parla da pochi anni e solo adesso si comincia a pensare ad una formazione specifica rivolta ai medici. Sono ben 2 milioni i soggetti in Italia affetti dalla patologia, tra i quali prevediamo ne siano stati diagnosticati e curati meno del 5%. Insomma abbiamo un campo sterminato d’azione. In questo senso la formazione è determinante, come sono determinanti i medici di base che hanno un rapporto privilegiato con i pazienti e rappresentano il primo anello della catena».
Riguardo il percorso diagnostico qual è il messaggio da lanciare ai medici, si tratta di un lavoro multidisciplinare che riguarda più professionisti?
«Il messaggio principale da veicolare è questo: ciò che conta è ipotizzare una diagnosi appropriata prima di inviare il paziente ad un centro multidisciplinare che si occupa di diagnosi e terapia. Perché una buona anamnesi fatta dai medici di base, può indirizzare il medico specialista più velocemente e precisamente. Ma quali sono i sintomi che segnalano l’OSAS? Gli elementi fondamentali sono innanzitutto il russamento, la presenza di pause respiratorie durante il sonno, chiaramente riferite dal compagno di letto, e la sonnolenza diurna. Questi sono i 3 motivi cardine che spingono un medico a giudicare il paziente verso una polisonnografia, quindi l’indagine più approfondita dei sintomi che può portare a una diagnosi».
Per quanto riguarda la polisonnografia, oggi esistono test semplici per diagnosticare il problema. Come funzionano?
«Per avere una diagnosi finale bisogna sempre rivolgersi agli ospedali e allo specialista, tuttavia rispetto a qualche anno fa, oggi disponiamo di apparecchiature che consentono di effettuare una diagnosi cardio-respiratoria a domicilio con apparecchiature complete che ci forniscono tutti gli elementi diagnostici per poter procedere ad un’adeguata terapia».
Riguardo l’approccio terapeutico qual è il messaggio da lanciare ai medici?
«Spenderei due parole sulla mancata diagnosi che rappresenta il vero costo della malattia. I medici devono sottoporre i pazienti a indagini. Primo atteggiamento terapeutico consiglio al medico di verificare se il paziente ha bisogno di una terapia posizionale, cioè se sviluppa apnee notturne solo con una posizione corporea piuttosto che con un’altra. La terapia posizionale è un target terapeutico molto importante nei pazienti con Osas. Il secondo momento terapeutico è quello del device mandibolare, un byte che posizionaro in bocca, consente al paziente di ottenere il massimo dei risultati. Lo standard terapeutico è la CPAP una mascherina che immette aria a pressione continua e elimina ogni apnea»
Formazione per i medici, in special modo mi riferisco ai medici di base che sono la prima sentinella dell’Osas. In che misura devono aggiornarsi?
«Innanzitutto sono i medici di base a doversi aggiornare su questa patologia. Chiaramente di seguito, non solo il medico di base deve aggiornarsi, ma anche il cardiologo, l’otorino, il dentista, per arrivare all’endocrinologo che si occupa di nutrizione che inevitabilmente comporta delle implicazioni con OSAS».