Plauso alla norma contenuta nel ‘Cura Italia’ che dovrebbe coinvolgere 6-7mila camici bianchi da parte del medico e deputato M5S Manuel Tuzi, primo firmatario di un Ddl in materia: «Fondamentale, però, che tutte le università prevedano il tirocinio nel percorso di studi»
Gli studenti in Medicina e Chirurgia saranno abilitati all’esercizio della professione medica già con la laurea, previa lo svolgimento del tirocinio formativo. È una delle tante novità per la professione medica imposte dall’emergenza Coronavirus: nelle intenzioni del Ministro dell’Università e Ricerca Gaetano Manfredi la laurea abilitante permetterà ai nuovi medici abilitati di aiutare il Sistema sanitario a fronteggiare la situazione di sovraccarico: non andranno in corsia, ma, almeno nelle intenzioni, saranno chiamati a dare una mano nei servizi territoriali.
Soddisfatto Manuel Tuzi, medico e deputato del Movimento Cinque Stelle, che aveva presentato in Parlamento una proposta di legge in questo senso. «Si va nella direzione che auspicavamo: semplificazione, velocizzazione. È un grosso passo in avanti ma è ovvio che in questo contesto diventa fondamentale che tutte le università facciano fare il tirocinio altrimenti avremo sempre università di serie A e di serie B in cui ci sono quelle di serie A che fanno fare il tirocinio all’interno del percorso di laurea e quelle di serie B che non lo fanno fare creando una disparità enorme di accesso ai test di specializzazione e di medicina generale». Il tirocinio resta una «conditio sine qua non»: non saranno abilitati quei ragazzi che non l’hanno svolto all’interno del percorso universitario.
Secondo Tuzi potrebbero essere 6-7mila i medici abilitati, anche se circolano numeri più alti, intorno ai diecimila: «Andando sullo storico, tra luglio e settembre si laureano in media sulle 7mila persone».
La norma, attesa da tempo, è stata salutata con favore dalle associazioni di specializzandi. «Sono due anni – racconta Tuzi – che cerco di portare avanti il Ddl sull’abilitazione. Ora si sono create delle condizioni che hanno costretto a fare una riflessione. Era comunque nell’aria: le forze di maggioranza erano in trattativa sull’abilitazione e sulla riforma delle specializzazioni. Semplicemente si è accelerato un processo che si sarebbe comunque ultimato entro la fine dell’anno. Bene che sia venuta in questa occasione. Ci si è quantomeno messi al pari degli altri Stati europei. Era il vero dramma. Noi inevitabilmente portiamo i nostri ragazzi all’abilitazione e all’accesso al mondo del lavoro in ritardo rispetto alla media europea. Quindi è un grande passo in avanti».
Se la laurea abilitante è un importante passo in avanti, per ora resta bloccata la questione dell’imbuto formativo. Lo stesso presidente della Federazione degli Ordini dei Medici ieri ha chiesto un ulteriore impegno al Governo, quello di prevedere subito 10mila borse in modo da far entrare nelle Scuole di specializzazione e al Corso di medicina generale tutti i neolaureati e i medici già presenti nell’imbuto formativo.
«Il problema reale è questo – aggiunge Tuzi -. La cosa forse andava affrontata al contrario: è stato deciso di mettere a sistema la norma del decreto Calabria con cui abbiamo reso possibile per i ragazzi del quarto e quinto anno di specializzazione di entrare nel mondo del lavoro con un contratto a tempo determinato con la differenza che viene velocizzata questa procedura. Questo è contenuto nel Decreto sanità approvato una settimana fa. Parallelamente io avrei osato di più: avrei immaginato di coinvolgere i ragazzi del secondo e del terzo anno facendo sì che il costo della borsa fosse a carico delle regioni, che i ragazzi effettuassero il lavoro previsto in funzione di quelle che sono le competenze acquisite e avrei liberato nuove risorse economiche per nuove borse di specializzazione, facendo pesare il costo della borsa sulle regioni che comunque ne avrebbero usufruito».
L’obiettivo di Tuzi è quello di provare a portare le modifiche in Parlamento all’ultimo Dl Sanità, anche se, ammette, «in questa situazione diventa difficile anche fare una trattiva di persona». Secondo Tuzi il Parlamento, anche considerando i tanti medici e operatori sanitari sul ‘fronte’, dovrebbe riunirsi, purchè «nelle migliori condizioni di sicurezza. Sarebbe sbagliato effettuare delle sedute del Parlamento senza il rispetto delle regole generali date per il resto del Paese».
I neolaureati abilitati però, secondo Tuzi, non possono risolvere tutti i problemi della sanità: «Possono andare a fare delle sostituzioni mediche, possono fare qualcosina in più, però conoscendo il percorso di laurea in Medicina non possono sostituire quello che è il ruolo e le competenze acquisite di chi opera all’interno delle RSA o nelle strutture ospedaliere. Mi auguro che si possa riconoscere quello che finora non è stato riconosciuto a quei ragazzi che magari stanno nei servizi di emergenza ma non hanno il titolo di specializzazione. O magari lavorano senza alcun tipo di titolo, perché questa è la situazione attuale, e sorreggono il nostro sistema sanitario, ma che in realtà non hanno mai avuto la possibilità di entrare in un percorso di medicina generale o di specializzazione medica».
Sono proprio i ‘camici grigi’ secondo Tuzi che in questo momento stanno sorreggendo il Ssn. «Questa è l’occasione per cercare di dare delle risposte a quei ragazzi. Non con un contratto a sei mesi o un anno ma con una borsa di specializzazione».
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