Le amministrazioni locali reclutano i centri dotati di biologia molecolare. Lamberti (presidente Federlab): «Impensabile far fronte all’emergenza senza schierare tutta la forza laboratoristica presente in Italia»
«In Italia ci sono già i primi laboratori in grado di effettuare test sugli anticorpi per il nuovo Coronavirus, l’esame che può determinare se si è stati infetti e guariti o se l’infezione è ancora in atto. Tra due settimane, molto probabilmente, i laboratori in grado di offrire questa prestazione saranno tantissimi in tutta Italia».
Lo ha dichiarato nei giorni scorsi Gennaro Lamberti, presidente di Federlab Italia, associazione di categoria del comparto della laboratoristica e dei centri poliambulatoriali privati accreditati con il Ssn. Ci sarebbero quindi già cittadini che possono richiedere l’accesso al test, per il momento privatamente, a un costo di circa 100 euro o poco più. «Ad esempio a Genova – racconta Lamberti – c’è già un laboratorio che offre questa prestazione: dopo sole due ore dall’annuncio della disponibilità di questo esame ha ricevuto moltissime richieste. Ma tempo qualche settimana e i laboratori che li faranno saranno molti di più». I risultati dei test in laboratorio sono considerati affidabili. «Parliamo di laboratori altamente qualificati – precisa Lamberti – in grado di eseguire prestazioni di biologia molecolare per le quali sono stati autorizzati ed accreditati».
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E proprio Lamberti aveva di recente esortato, con parole abbastanza accese, la Regione Campania ad utilizzare i laboratori presenti sul territorio per implementare il numero di tamponi effettuabili. «I cosiddetti test rapidi che la Regione si è fatta “rifilare” non sono stati mai validati dal ministero della Salute e dunque sono inaffidabili da un punto di vista diagnostico. Invece di spendere inutilmente tutti questi soldi – è l’appello di Lamberti – la Regione bene avrebbe fatto ad accettare il nostro contributo. Così, gli stentati 800 tamponi che la costellazione ospedaliera riesce a processare ogni giorno, sarebbero addirittura triplicati. I laboratori privati accreditati campani – sottolinea ancora Lamberti – vogliono solo fare la loro parte. Siamo in grado di eseguire almeno altri 2mila test al giorno. E non vogliamo nulla in cambio. La Regione acquisti e distribuisca i reagenti e noi, senza alcun ulteriore costo per la collettività, metteremo a disposizione il personale, le attrezzature, l’organizzazione e tutto il nostro know how. Si farebbe bene a ricordare – conclude Lamberti – che tra gli operatori sanitari esistono anche i laboratoristi privati con i tecnici di laboratorio, i prelevatori, gli addetti all’accettazione, i cardiologi, i radiologi ed i tecnici di radiologia, e tutti gli altri specialisti accreditati che, in carenza drammatica di dispositivi di protezione (mascherine e guanti), continuano, ormai soli, a fare prelievi, radiografie e visite a pazienti potenzialmente infetti. Farebbe un atto doveroso di rispetto».
E nel resto d’Italia, invece? In quali Regioni i laboratori privati sono nelle condizioni, di attrezzature e di personale, per poter effettuare dietro autorizzazione i tamponi Covid? E a che punto sono, in ognuno di queste Regioni, gli iter per le suddette autorizzazioni? Lo stesso Lamberti descrive ai nostri microfoni una situazione a macchia di leopardo. «Stiamo effettuando un’attenta attività di monitoraggio, e in questo campo molto dipende dalle normative delle singole Regioni. Oltre ai casi della Liguria e della Campania di cui sopra, in Sicilia è stato emesso un bando ad hoc – spiega – per reclutare i laboratori. In Puglia sono molto pochi i centri privati autorizzati, mentre invece nelle Marche non è mai stato consentito ai laboratori privati di adottare le tecnologie di biologia molecolare, e ciò di fatto esclude la possibilità di effettuare tamponi Covid. La Regione Toscana – prosegue – con una dichiarazione ha chiesto ufficialmente ai laboratori privati di farsi avanti e candidarsi a svolgere questo servizio. In Lombardia, dove ci sono le eccellenze laboratoristiche a livello nazionale non solo nel settore ospedaliero ma anche nel settore privato, è in previsione un bando per individuarne i requisiti e reclutarle. Dalla Regione Lazio, invece, abbiamo finora avuto pochi spiragli di apertura in questo senso. Io credo che – conclude il presidente Federlab – allo stato attuale delle cose, non si possa pensare di dare una valida risposta al problema senza coinvolgere tutta la rete laboratoristica italiana».