Il direttore del Servizio Immunotrasfusionale del policlinico San Matteo: «In passato, questo tipo di terapia è stata utilizzata contro il virus ebola e con le precedenti epidemie da Sars. Si tratta di terapie che vanno giudicate per il loro impiego in situazioni di emergenza»
La chiave per sconfiggere il Covid-19 potrebbe essere nel sangue di coloro che hanno già contratto il virus e sono ritornati in buona salute. Si chiama plasma terapia e consiste, come rivela il nome, nell’infusione del plasma dei soggetti guariti in pazienti affetti da Coronavirus. La terapia, sperimentata in Cina, è ora approdata anche nei laboratori italiani. In un’intervista a Sanità Informazione, Cesare Perotti, direttore del Servizio Immunotrasfusionale (Simit) della Fondazione IRCCS San Matteo, ne descrive le potenzialità. Il protocollo clinico sperimentale ‘made in Italy’ è stato avviato proprio dagli specialisti del Policlinico pavese.
Dottor Perotti, a Pavia è arrivata una delegazione di camici bianchi cinesi per supportare i medici dell’Ospedale, quando e con quale obiettivo?
«La delegazione dei medici cinesi è venuta in visita al San Matteo circa tre settimane e fa e si è fermata due giorni. Un momento importante, nel corso del quale hanno condiviso le loro esperienze, permettendoci di perfezionare alcuni protocolli di terapia che avevamo in essere».
La plasma terapia è già stata sperimentata in Cina, con quali risultati?
«La terapia, cosiddetta plasma terapia o con plasma iperimmune, è stata sperimentata in Cina, inizialmente su una decina di pazienti, che hanno risposto molto bene e quindi si è allargata a una coorte di un migliaio di pazienti. Un’esperienza che definisco importante e considerevole, dalla quale, anche noi, dobbiamo trarre giovamento sia sulle indicazioni che sulle modalità di conduzione della terapia stessa».
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Come si sta procedendo in Italia? Su quante persone è già stata sperimentata e su quante dovrà esserlo affinché sia ufficialmente utilizzata?
«Noi abbiamo redatto un protocollo clinico sperimentale che è partito proprio dal Policlinico San Matteo, che ne è anche capofila, con l’ASST di Mantova. Abbiamo già iniziato la raccolta di questo plasma iperimmune e si è entrati anche nella fase di infusione, anche se in questo momento è presto per vedere e parlare di risultati. Come previsto dalle norme vigenti per i protocolli sperimentali, questa plasma terapia sarà applicata a 49 pazienti: numero previsto perché il protocollo abbia una significatività statistica. Trarremo i risultati dopo questa prima esperienza e li comunicheremo sulle principali riviste scientifiche e, sulla base dei risultati, penseremo di allargarla ad altri ospedali o realtà cliniche».
Come si fa a capire se il plasma di un determinato paziente guarito è davvero efficace contro il virus?
«Intanto, insisto a dire che il plasma italiano è uno tra i più sicuri perché deve sottostare a disposizioni di legge che prevedono l’esecuzione di test molto raffinati su qualsiasi unità di plasma che viene prodotta e trasfusa ai pazienti, indipendentemente dall’aspetto Covid-19. Non solo: il centro nazionale sangue ha così indicato altri test aggiuntivi per rendere, se possibile, ancora più sicuro questo plasma. Inoltre, il professore Fausto Baldanti, responsabile dell’unità di virologia molecolare del San Matteo, ha messo a punto un test specifico che verifica l’efficacia di questo plasma, ricco di anticorpi, sul virus. Si chiama test di neutralizzazione virale».
Ci sono guariti in Cina o in Italia grazie a questa terapia?
«In Cina ce ne sono stati ma, ovviamente, la sperimentazione è stata avviata prima. Noi siamo ancora in una fase preliminare nell’applicazione della plasma terapia».
In passato è stata adottata anche in altri Paesi e per altri virus? Con quali risultati?
«In passato, questo tipo di terapia è stata utilizzata contro il virus ebola, quindi in Africa e in condizioni completamente diverse. È stata provata con le precedenti epidemie da Sars del sud est asiatico. Come potete vedere, parliamo sempre di terapie che vengono approntate in situazioni di emergenza ed urgenza. Quindi sono terapie che vanno fatte e vanno giudicate per quello che è il loro impiego in una situazione di emergenza. In questo momento, sia in Cina che qui da noi, è un protocollo osservazionale perché non c’è il tempo necessario tempo per redigere un trial clinico».
Quando si potrà passare all’utilizzo?
«Siamo già passati dalla raccolta all’utilizzo. Quando si potrà passare da una fase limitata in termini di raccolta in un solo ospedale all’amplificazione sull’intero territorio nazionale? Quando avremo risultati concreti e tangibili».
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