In Europa la metà dei casi totali e sette dei primi dieci Stati più colpiti. Preoccupa il caso Turchia. L’Organizzazione mondiale della sanità chiede una strategia unitaria e invita: «Proteggete i lavoratori della sanità e donate le mascherine»
Al momento attuale, in Europa, sono 687.236 le persone risultate positive al Covid-19 dopo le analisi di laboratorio. A renderlo noto è l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) nelle parole del direttore regionale Hans Kluge, in conferenza stampa virtuale. «I pazienti deceduti – ha aggiunto – sono 52.824, per la maggior parte over 65, secondo i dati di 53 Paesi e sette territori. I casi europei rappresentano circa la metà dei totali e sette dei primi dieci Stati più colpiti si trovano in territorio europeo».
Dopo gli Stati Uniti, la Spagna con il nuovo primato di casi, l’Italia, la Germania, la Francia e, dietro Cina e Iran, Regno Unito, Turchia e Svizzera. «Grazie alle misure di contenimento sociale e sanità pubblica – ha chiarito Kluge – i Paesi con maggiore diffusione, Spagna e Italia nello specifico, stanno finalmente sperimentando un rallentamento nei contagi. In Germania invece si nota una diffusione in generale più lenta, dovuta a fattori come l’età media della popolazione e la distribuzione dei test». A preoccupare l’Oms è ora il caso Turchia, che negli ultimi giorni sta vivendo un drammatico aumento dei contagi, la maggior parte collocati a Istanbul.
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«Confrontando il virus con la prima diffusione in Cina, abbiamo potuto verificare che la malattia si comporta nello stesso modo – ha specificato il direttore regionale – e l’infezione può manifestarsi in soggetti di tutte le età, meno in chi è al di sotto dei 15 anni. Tuttavia due vittime del Covid-19, una dal Regno Unito e una dal Belgio, avevano rispettivamente 5 e 12 anni. Questo ci fa capire quanto può essere potente il virus». Kluge ha ribadito che il 5% dei contagiati viene poi trasportato in terapia intensiva e che l’infezione colpisce maggiormente soggetti con precedenti patologie, di cui i due terzi sono uomini.
È arrivata poi la richiesta di rimanere vigili, rafforzare le attività globali in tre principali doveri. In primis, la protezione dei lavoratori della sanità. «Siamo in debito con tutti coloro che lavorano giorno e notte per prendersi cura della persone con Covid-19 – ha detto Kluge con commozione –. Sono la spina dorsale dei nostri servizi sanitari». L’Oms invita dunque a proseguire al meglio con la formazione e preparazione di medici, infermieri e personale sanitario. Infine, di concentrarsi sulla protezione della loro salute fisica e mentale, garantendo loro il sostegno necessario per sé e per le loro famiglie.
Poi l’avvertimento: «Non è il momento di abbassare la guardia, anzi occorre triplicare gli sforzi che stiamo già facendo – ha proseguito –. L’impatto di questa pandemia sulle nostre vite è eccezionale, la strada per affrontarla è la condivisione di conoscenze e provvedimenti utili per dare una risposta univoca e forte al virus». Proprio della solidarietà Kluge ha parlato come dell’esempio più importante di forza globale, sottolineando il lavoro dei team di medici partiti alla volta dei territori più colpiti, l’ultimo dalla Polonia verso l’emergenza a Brescia.
Sulla discussa necessità di indossare o meno mascherine per la popolazione si è espressa Dorit Nitzan, coordinatrice per le emergenze sanitarie Oms nelle regioni europee: «Alcuni si sentono sicuri utilizzandole ma contribuiscono solo a diffondere ulteriormente il virus, facendo poca attenzione. Continuiamo a raccomandare che le mascherine vengano indossate da operatori sanitari, dagli infettati e da chi se ne prende cura», ha chiarito la dottoressa, aggiungendo infine: «Se ne avete in misura extra, donatele ai Paesi i cui medici e infermieri non ne hanno».
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