ISS, Federico II e Bayer insieme per ‘Leishmania 2020’: «La prevenzione è l’arma più potente contro questa patologia che colpisce i nostri amici a quattro zampe»
Tra zoonosi, salti di specie e studi in corso sul ruolo giocato dagli animali domestici nella diffusione del Coronavirus, l’emergenza Covid ha riportato al centro del dibattito l’importanza che la medicina veterinaria riveste per la tutela della salute globale. Esiste tuttavia una patologia che esula dal Coronavirus, ben nota e temuta dai cinofili e molto pericolosa per i cani, dalla quale questi vanno assolutamente protetti: la leishmaniosi, sempre più diffusa in Italia con la presenza di focolai autoctoni anche in zone fino ad oggi considerate meno colpite, cioè le Regioni del Nord Italia.
Il dato è stato evidenziato in un recente studio denominato “Leishmania 2020”, svolto dall’Istituto Superiore di Sanità, dal Dipartimento di Medicina Veterinaria di Napoli, e supportato da Bayer. Del coordinamento scientifico nazionale si sono occupati il professor Luigi Gradoni, direttore del Reparto Malattie Trasmesse da Vettori e Sanità Internazionale presso l’Istituto Superiore di Sanità, e il professor Gaetano Oliva, direttore del Dipartimento di Medicina veterinaria e Produzioni animali presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”.
«Questo nuovo studio nasce dall’esigenza di aggiornare le informazioni sulla presenza di leishmaniosi canina in Italia – afferma il professor Gradoni ai nostri microfoni – perché la mappa di distribuzione che avevamo a disposizione risaliva a 10 anni fa. Lo studio è stato condotto su un’area molto vasta che include tutta l’Italia settentrionale a nord dell’Emilia Romagna, e in tutte le regioni – spiega – sono state individuate nuove aree endemiche per leishmaniosi, con presenza dei flebotomi vettori e di casi sicuramente autoctoni di leishmaniosi nel cane. Ovunque è stata dimostrata un’espansione della malattia rispetto ai dati del 2010. Alla luce di questi risultati possiamo dire con sicurezza- conclude il professore – che i flebotomi (o pappataci), vettori della malattia, si stanno espandendo in aree sempre più ampie, sia a causa dell’innalzamento delle temperature sia a causa della maggiore mobilità dei cani, soprattutto nel periodo estivo».
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Il periodo in cui i cani sono più a rischio di leishmaniosi è tra aprile e ottobre, mentre il momento della giornata più pericoloso è quello che va dal tramonto all’alba, quando questi insetti sono più attivi. A provocare la malattia è il protozoo Leishmania infantum: tale microrganismo è trasmesso dai pappataci infetti attraverso le punture. «Un flebotomo infetto quando punge può inoculare il parassita in un cane o addirittura nell’uomo e infettarlo – ci spiega il professor Gaetano Oliva -. Ci sono anche vie che possiamo chiamare potenziali o accessorie, quali ad esempio la trasmissione da madre a cucciolo, l’accoppiamento di un cane infetto con un altro o le trasfusioni di sangue. Ricordiamo – precisa Oliva – che i flebotomi sono insetti di 2-3 mm, molto simili a dei piccoli moscerini. Sono completamente diversi dalle zanzare e non devono essere confusi con queste ultime. La loro caratteristica è di avere un volo silenzioso per cui il cane o anche l’essere umano non si accorgono del loro arrivo e della loro puntura».
Purtroppo, ad oggi non esiste una cura vera e propria per la leishmaniosi nel cane. I farmaci a disposizione sono soltanto in grado di rallentare il decorso della malattia, alleviando i sintomi, ma non eliminano l’infezione. Non è affatto semplice capire se il cane abbia contratto la leishmaniosi e la diagnosi, inoltre, richiede analisi approfondite svolte dai veterinari. «Il cane può rimanere anche per anni senza segni clinici – sottolinea Oliva – prima di manifestare quelli più comuni. Solitamente: perdita di pelo, dimagrimento, aumento di volume dei linfonodi, perdita di sangue attraverso il naso. Purtroppo non ci sono sintomi univoci caratteristici della leishmaniosi, per cui nelle aree endemiche se si ha un sospetto è sempre consigliabile rivolgersi al medico veterinario».
Per evitare che la patologia metta in pericolo la vita stessa dell’animale, e per limitarne la diffusione, è fondamentale la diagnosi precoce. «Per la prevenzione della leishmaniosi canina – spiega Oliva – è sempre importante che il proprietario si rivolga a un medico veterinario, ma in generale i cani devono essere protetti con repellenti attivi contro i flebotomi vettori, e insieme si possono utilizzare anche i vaccini ad oggi disponibili. Fondamentale – conclude – proteggere con repellenti anche e soprattutto i cani infetti o ammalati perché costituiscono il reale serbatoio di infezione».
«Dare il nostro contributo per supportare una campagna di sensibilizzazione e prevenzione nei confronti di una patologia così importante ci è sembrato doveroso – aggiunge Diego Gatti, manager di Bayer. – La nostra attenzione per i temi che riguardano la branca della farmacologia veterinaria e il benessere degli animali va di pari passo con la collaborazione con le istituzioni scientifiche che hanno coordinato il progetto».
Ulteriori precauzioni, da utilizzare in associazione all’antiparassitario, sono alcune buone abitudini comportamentali, come limitare la durata delle passeggiate serali ed evitare che il cane in estate dorma all’aperto.
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