Paola Biondi, psicoterapeuta dell’Ordine degli psicologi del Lazio: «Soluzione limitata per chi segue terapie corporee e bambini con disturbo dell’attenzione o disturbi dello spettro autistico»
Le norme di distanziamento sociale e gli obblighi del lockdown imposti dalla pandemia di Covid-19 hanno già provveduto a cambiare molte delle nostre abitudini. Per tutte le terapie non strettamente necessarie ci si è spostati fuori dall’ospedale e molti professionisti hanno dovuto riadattarsi a nuovi strumenti per seguire i propri pazienti, su tutti la telemedicina.
Anche la psicoterapia ha dovuto familiarizzare con questa nuova realtà, fatta di webcam e computer connessi, archiviando per necessità le molte resistenze di tanti dottori a superare il rapporto fisico. La dottoressa Paola Biondi, psicologa e psicoterapeuta dell’Ordine degli psicologi del Lazio, da tempo mette in pratica queste metodologie e ne ha spiegato le differenze a Sanità Informazione.
«Da anni – racconta – seguo anche all’estero tanti pazienti in modalità agile. Con alcuni non ci siamo mai visti e abbiamo ottenuto grandi risultati da questo tipo di approccio. È un modo per facilitare la terapia che aiuta anche il paziente a superare alcune diffidenze». Nata come aiuto per i soggetti con mobilità limitata, la terapia online è ora la chiave per non interrompere percorsi di miglioramento.
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Prima di iniziare bisogna assicurare una connessione stabile, uno spazio privato ed evitare interruzioni. Nella maggior parte dei casi, spiega la dottoressa, si utilizzano strumenti di videochiamata per poter osservare le reazioni del paziente, ma «anche in questo caso bisogna pensare a personalizzare la terapia alle necessità di chi si segue. Molti hanno bisogno di un contatto simile a quello di una seduta, per altri è più indicata la modalità asincrona, svolta via chat o email, in cui il rapporto con il terapeuta è più dilatato nel tempo».
L’approccio non è facile per tutti allo stesso modo. «Ovviamente manca il contatto fisico – chiarisce Biondi – per chi segue terapie corporee questa soluzione risulta limitata. Anche con i bambini con disturbo dell’attenzione o disturbi dello spettro autistico l’efficacia può non essere ottimale, in quanto i soggetti possono avere difficoltà a concentrarsi su quanto accade su uno schermo».
Anche l’ambiente a volte può essere un limite, abituarsi allo studio del professionista e poi doversi spostare in casa è un cambiamento che necessita di essere processato: «Se si utilizza un setting molto rigido e specifico, con il lettino e il terapeuta alle spalle del paziente ci si può trovare in difficoltà. Alcuni colleghi sono riusciti a ricreare l’ambiente chiedendo al paziente di posizionare il computer dietro di sé e di stendersi sul divano, simulando anche fisicamente il contesto a cui era abituato».
L’isolamento forzato in casa non sempre permette di crearsi uno spazio personale e sicuro, in cui poter parlare liberamente con il terapeuta. «Una necessità da non sottovalutare – chiarisce la psicologa – specie se si pensa che a volte l’oggetto dell’analisi sono proprio problemi familiari. È anche compito del professionista garantire la privacy di ogni colloquio e aiutare l’adattamento del paziente in questa nuova situazione».
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Ora alla terapia online si sono rivolti moltissimi professionisti, superando diffidenze e apprezzando i risultati ottenuti. «Sento una generale soddisfazione da parte di colleghi che non usavano questo metodo prima della quarantena – racconta Biondi – e ne sono molto contenti. Qualcuno si propone già di mantenere i pazienti in questa modalità, superando le distanze. È una tecnica che apre nuove prospettive e possibilità che non si immaginavano».
Per la dottoressa il vero cambiamento di questi giorni sono gli argomenti delle sedute. «Ho visto delle difficoltà di sonno soprattutto, a causa di ritmi completamente sballati dalla mancanza di una routine. Un generale stravolgimento dei ritmi naturali, sia per studenti che per lavoratori».
Gli effetti del lockdown sulla psiche restano un’emergenza. «C’è timore per il futuro e una sensazione condivisa di impotenza per qualcosa che bisogna subire e che non si riesce a modificare» conclude la dottoressa, tornando a ribadire quanto la tecnologia possa quindi aiutare i professionisti a stare vicini ai propri pazienti. Una situazione straordinaria richiede soluzioni innovative e gli psicologi hanno “risposto alla chiamata”.
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