di Paolo Casalino e Fabbio Marcuccilli, Presidente e Vice Presidente della Commissione d’Albo dei TSLB di Roma
«Non vi è dubbio che sia ineluttabile ripartire, ma è anche un dovere farlo senza commettere errori come nella Fase 1, che se pur allora comprensibili, non sarebbero ora più giustificabili». Così in un intervento su Sanità Informazione Paolo Casalino e Fabbio Marcuccilli, Presidente e Vice Presidente della Commissione d’Albo dei TSLB di Roma.
«Il 4 maggio c.a., scatta l’inizio della Fase 2 dell’emergenza sanitaria Covid-19 (Sars-CoV-2), una fase molto delicata, che permetterà di definire se stiamo andando verso la risoluzione di questa pandemia, senza abbassare l’attenzione, poiché la storia ci insegna a non dimenticare, come la famosa pandemia di spagnola: l’interruzione del lockdown a San Francisco del 1918 portò la città ad essere la più colpita. È importante agire con gradualità, perchè poco si sa sulle caratteristiche biologiche e cliniche del virus. L’OMS invita i paesi a continuare a migliorare la loro preparazione alle emergenze sanitarie in linea con il Regolamento sanitario internazionale (2005) e a condividere le informazioni sui casi e sulle misure implementate del contagio nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione, i cui i contenuti salienti che dovrebbero essere presi in considerazione per la Fase 2 di riapertura, potrebbero essere i seguenti:
Nel contesto degli operatori sanitari, l’attenzione deve rimanere alta, utilizzando i DPI come previsto dalla normativa e dal contestuale rischio biologico. Nella fase 2 si valuterà la presenza degli anticorpi nel siero e/o plasma dei pazienti, ossia valutare la siero-prevalenza nella popolazione. Sono questi i cosiddetti test anticorpali o test sierologici di cui tanto si parla in questo periodo, ma attenzione, perché questi test non servono a fare diagnosi di infezione, cioè a stabilire se un paziente è positivo o negativo, l’unico test diagnostico è la famosa RT-PCR da tampone, associato alla clinica. Ricordo che a tutt’oggi l’indicazione ad eseguire il tampone è posta dal medico in soggetti sintomatici per infezione respiratoria acuta e che soddisfino i criteri indicati nella circolare del Ministero della Salute del 9 marzo c.a., e secondo le priorità identificate dalla circolare del 3 aprile c.a. Tra i criteri rientrano: il contatto con un caso probabile o confermato di COVID-19, la provenienza da aree con trasmissione locale, il ricovero in ospedale e l’assenza di un’altra causa che spieghi pienamente il quadro clinico. Per quanto attiene alle priorità nell’esecuzione dei tamponi bisogna considerare le persone che presentano sintomi respiratori e febbre o sintomi lievi (“paucisintomatici”), i contatti a rischio familiari e/o residenziali sintomatici di un caso confermato di COVID-19, gli operatori sanitari, i pazienti fragili e quelli ospedalizzati.
Ad oggi ci sono diverse tipologie di test sierologici proposti: quelli ‘rapidi’ o ‘qualitativi’ (che si basano sul principio dell’immunocromatografia, che danno una risposta tra i 10-15 minuti, ma sono caratterizzati da una bassa sensibilità e specificità analitica nonché in termini di valore predittivo, positivo e negativo. Gli esami sierologici ‘quantitativi’, quelli effettuabili solo in laboratorio, tramite il prelievo venoso, sono invece molto più attendibili e si basano sul principio della chemiluminescenza e dell’ELISA. Il Ministero della Salute nella circolare del 3 aprile c.a. afferma che “i test sierologici sono molto importanti nella ricerca e nella valutazione epidemiologica della circolazione virale. Diversamente, come attualmente anche l’OMS raccomanda, per il loro uso nell’attività diagnostica d’infezione in atto da SARS-CoV-2, necessitano di ulteriori evidenze sulle loro performance e utilità operativa. In particolare, i test rapidi basati sull’identificazione di anticorpi IgM, IgG e IgA specifici per la diagnosi di infezione da SARS-CoV-2, secondo il parere espresso dal Comitato Tecnico Scientifico, “non possono, allo stato attuale, sostituire il test molecolare basato sull’identificazione di RNA virale dai tamponi nasofaringei secondo i protocolli indicati dall’OMS”. Gli esecutori di tali test, come nella fase 1, sono i Tecnici di Laboratorio Biomedico, che avranno un ruolo determinante nell’esecuzione dei test sierologici, processando centinaia di campioni giornalmente, grazie alle loro competenze e specificità. È bene dire, che i suddetti hanno e avranno un ruolo chiave anche nei laboratori di medicina trasfusionale, per l’isolamento, titolazione e preparazione degli anticorpi dai pazienti guariti, da infondere nei pazienti infetti, in attesa di un vaccino e di nuovi farmaci anti-COVID-19.
I test sierologici, opportunamente validati, saranno dunque preziosi a fini epidemiologici, consentiranno cioè di capire quale parte della popolazione ha sviluppato un’immunità contro il coronavirus. Secondo gli esperti, tutti i Paesi dovrebbero avviare adesso delle ‘sero-surveys’, delle vaste indagini epidemiologiche basate su questi test per rispondere a due domande cruciali: quante sono nell’ambito della popolazione le persone con infezioni inapparenti e quale livello di immunità di popolazione (‘di gregge’) è stato raggiunto. Le risposte a queste domande avranno ricadute mondiali. La questione successiva sarà quella di capire se gli anticorpi prodotti sono neutralizzanti e se persistono. Non abbiamo prove scientifiche che i portatori di anticorpi contro Sars-Cov2 acquisiscano una immunità permanente che li renda immuni da nuova infezione. L’immunità inoltre potrebbe non essere infinita; alcuni esperti ipotizzano che potrebbe durare 1 o 2 anni al massimo, dopodiché si diventerebbe di nuovo suscettibili all’infezione. L’unico modo per scoprirlo sarà quello di ripetere i test sierologici a intervalli prestabiliti. Le IgA, gli anticorpi cosiddetti ‘secretori’ si trovano tipicamente sulle mucose, come quelle respiratorie. Sono immunoglobuline molto importanti perché sono le più efficaci nel difenderci da infezioni respiratorie ma si attendono maggiori evidenze scientifiche sull’utilità del loro dosaggio nel sangue in corso di infezione da COVID19. Inoltre è bene ricordare che la risposta anticorpale è “soggetto-specifica”, non tutti i soggetti hanno la stessa risposta. Soggetti con un sistema anticorpale particolarmente efficiente hanno in genere una risposta molto brillante e, come avviene per tutte le infezioni, possono non avere sintomatologia. Soggetti immunodepressi, invece, hanno una risposta più tardiva o addirittura assente. Attualmente sono stati avviati progetti mondiali, per studiare le caratteristiche genetiche del sistema immunitario di coloro che si infettano e si ammalano gravemente, rispetto a coloro che sono portatori del virus, ma non si ammalano.
Con il Decreto firmato il 25 aprile c.a., la multinazionale americana Abbott si è aggiudicata la gara a livello nazionale nel fornire il test sierologico quantitativo IgG (metodologia CLIA) fornendo inizialmente 150 mila kit gratuiti, con la clausola di risoluzione immediata del contratto nel caso in cui si identificasse, per ogni 100 kit, reagenti e consumabili consegnati, la non corrispondenza dei requisiti di qualità richiesti da bando. Il test ha dimostrato una specificità e una sensibilità nel rilevare gli anticorpi IgG superiore al 99% a 14 giorni o più dopo l’insorgenza dei sintomi. Nei laboratori di tutta Italia sono presenti approssimativamente mille analizzatori di questo tipo, con una produttività per analizzatore fino a 200 test per ora. Di recente l’autore cinese Quan-Xin Long ha pubblicato sulla rivista Nature Medicine ( 29 April 2020) dal titolo “Antibody responses to SARS-CoV-2 in patients with COVID-19”, un lavoro, attestante che su 285 pazienti presi in esame, dopo essersi ammalati di Coronavirus, hanno sviluppato gli anticorpi IgG, ovvero, una volta contratto il Sars-CoV-2, un individuo con un sistema immunitario in condizioni normali svilupperebbe le immunoglobuline che lo potrebbero proteggere da una seconda infezione. Gli autori affermano che entro 19 giorni dalla comparsa dei sintomi, il 100% dei pazienti esaminati (285) ha sviluppato le IgG contro il Sars-CoV-2, anche se con livelli diversi. I ricercatori cinesi riportano che entrambi gli anticorpi, sia le IgG che le IgM, hanno raggiunto il plateau in un massimo di 6 giorni dalla sieroconversione, come illustrato nella figura 1. Questo dato, se fosse confermato su larga scala, sarebbe di notevole importanza, soprattutto per la costituzione di un vaccino efficace, anche se la comunità scientifica dovrà attestare se gli anticorpi presenti nei pazienti guariti sono neutralizzanti, stabilendolo anche tramite dei cut-off. La fase 2 sarà caratterizzata dall’aggiunta dei test sierologici che ci daranno informazioni aggiuntive, ricordando che è presto nel parlare di patente d’immunità, pertanto nessuno dovrà abbassare la guardia, garantendola attraverso il corretto distanziamento sociale e l’utilizzo dei DPI.
Un ringraziamento particolare ai Tecnici di Laboratorio Biomedico sempre più coinvolti con le loro competenze e che continuano ad operare nel pieno silenzio, processando migliaia di tamponi nella quotidianità, a cui si aggiungeranno i test sierologici, risultati che i clinici aspettano per fare diagnosi accurate e tempestive, per salvare vite umane dall’infezione SARS-CoV-2. “Sono le donne e gli uomini silenziosi che fanno le cose”».
Antibody responses to SARS-CoV-2 in patients with COVID-19.
Long QX, Liu BZ, Deng HJ, Wu GC, Deng K, Chen YK, Liao P, Qiu JF, Lin Y, Cai XF, Wang DQ, Hu Y, Ren JH, Tang N, Xu YY, Yu LH, Mo Z, Gong F, Zhang XL, Tian WG, Hu L, Zhang XX, Xiang JL, Du HX, Liu HW, Lang CH, Luo XH, Wu SB, Cui XP, Zhou Z, Zhu MM, Wang J, Xue CJ, Li XF, Wang L, Li ZJ, Wang K, Niu CC, Yang QJ, Tang XJ, Zhang Y, Liu XM, Li JJ, Zhang DC, Zhang F, Liu P, Yuan J, Li Q, Hu JL, Chen J, Huang AL
Nat Med. 2020 Apr 29. doi: 10.1038/s41591-020-0897-1. PMID: 32350462
.
.