Nel confronto su Covid e responsabilità medica tra medici, avvocati e giuristi dell’Università Cattolica e Fondazione Policlinico A. Gemelli, si prospettano i possibili scenari del contenzioso medico legale post-epidemia
Il contenzioso medico legale in Italia raggiunge da anni numeri importanti e, nella fase post-Covid, si teme ancora di più la crescita delle controversie legali e dei risarcimenti a favore dei cittadini.
La pandemia da Covid-19 ha portato infatti all’attenzione degli addetti ai lavori e dell’opinione pubblica un tema di grandissimo interesse e attualità: la responsabilità medica e delle strutture sanitarie. L’argomento è stato al centro del dibattito del webinar su Covid e responsabilità medica organizzato, di recente, dall’Università Cattolica e Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli Irccs. Medici, avvocati e giuristi hanno partecipato alla conferenza online riconoscendo le caratteristiche di eccezionalità dell’emergenza sanitaria.
«C’è grande preoccupazione tra gli operatori sanitari – ha spiegato il direttore scientifico del Gemelli, il professor Giovanni Scambia –. Chiedono che vengano considerate le condizioni in cui si è operato in questo periodo e che non ci sia un rimpallo di responsabilità tra medici e strutture. C’è stata una corsa alla cura, ci sono state carenze organizzative, sono stati costretti a fare scelte, a ridurre prestazioni per favorirne altre».
«L’attività sanitaria è sempre stata di grande interesse per la magistratura – ha precisato la dottoressa Nunzia D’Elia, procuratore aggiunto di Roma -, da quando i medici erano considerati intoccabili agli ultimi quattro anni, in cui registriamo più di una denuncia al giorno per responsabilità medica. Quasi sempre iscriviamo le denunce contro ignoti per non esporre la classe medica quando ancora non si ha certezza del reato. Arriviamo ad un’archiviazione di denunce pari all’80%. La magistratura ha un’attenzione alla delicatezza della professione sanitaria. In occasione del Covid-19 ci stiamo chiedendo se la normativa che noi abbiamo, la legge Gelli-Bianco sia adeguata o meno all’emergenza. La mia idea è che la legge Gelli-Bianco ha avuto il grande vantaggio di riordinare la materia sotto il profilo dell’obbligo assicurativo delle strutture e dell’importanza delle linee guida, ma ritengo che, soprattutto dal punto di vista penale, la norma cardine, il 590-sexies, si sia rivelata inappropriata allo stress test del Covid-19. In riferimento all’emergenza – ha sottolineato il procuratore – la norma restringe troppo l’aspetto della non punibilità del medico: linee guida non ce ne sono e le buone prassi non sono certamente consolidate. Nessuno di noi vuole far diventare i medici da eroi a capri espiatori: il rischio c’è, e io dal mio lavoro me ne accorgo che le denunce aumentano ancora. È arrivato il momento di rimettere mano a questa parte penalistica della legge Gelli-Bianco: limitare la causa di non punibilità solo all’imperizia è sbagliato, deve comprendere tutte e tre le forme di colpa: imprudenza, imperizia, negligenza e parlare di esclusione solo per la colpa grave. Non è necessario inserire una legislazione speciale e a tempo che rischia di fare solo confusione. Inoltre – conclude – le strutture sanitarie devono rispondere non solo di denunce di pazienti e familiari per Covid ma anche di denunce da parte di sanitari in caso di malattia contratta dagli operatori sia per mancanza di presidi di sicurezza sia per aver contratto il virus per questo motivo».
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No a una legislazione speciale per il Covid-19 anche per il professor Giulio Ponzanelli, giurista e ordinario di diritto privato alla Università Cattolica del Sacro Cuore: «Abbiamo nel nostro sistema le indicazioni per proteggere gli esercenti la professione sanitaria. Sarà alquanto difficile che sanitari dipendenti di strutture pubbliche o private possano rischiare condanne penali o civili – ha aggiunto –. Più grave la posizione delle RSA dove oggettivamente sono stati fatti errori importanti».
Di grande interesse, perché non ancora affrontata a dovere, la tematica della responsabilità medica e delle strutture sanitarie per i pazienti no Covid, ovvero tutte le persone che hanno dovuto sospendere cure, terapie trattamenti e rinviare interventi chirurgici. Su questo, è arrivato il monito del preside della Facoltà di Medicina e chirurgia “A. Gemelli” dell’Università Cattolica Rocco Bellantone: «A rischio soprattutto i pazienti oncologici: la pandemia li ha danneggiati gravemente. Le diagnosi di cancro sono calate del 30% nei mesi di lockdown». E la rotta va invertita in fretta, perché le conseguenze di questa pausa potrebbero essere irreversibili. La diagnosi precoce, così come gli screening, sono infatti fondamentali in ambito oncologico.
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