Coinvolti in primis gli infermieri ma anche ostetriche e professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione, della prevenzione. «La proposta va in sinergia quella sull’infermiere di comunità che è tornata di grande attualità con l’emergenza Covid» spiega la capogruppo Pd in Commissione Sanità. «Non ci deve essere più conflittualità tra le professioni ma una collaborazione messa in pratica da tanti anni negli altri Paesi»
«Quando si viene ricoverati, sicuramente la prima persona che si ricorda è l’infermiere che ti fa la medicazione. Se una persona si fida di questa persona e vuole essere seguita da lui anche in un altro contesto perché non può farlo?». È un ragionamento semplice quello che ha guidato Paola Boldrini, capogruppo del Partito democratico in Commissione Sanità a Palazzo Madama, nell’elaborazione di un nuovo disegno di legge denominato “Disposizioni in materia di rapporto di lavoro esclusivo degli esercenti le professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione, nonché della professione ostetrica, dipendenti delle aziende degli enti del Servizio sanitario nazionale” che sostanzialmente introduce anche per infermieri, ostetriche e le altre professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione la possibilità di esercitare la libera professione intramoenia.
Tra le novità ci sarà la possibilità per l’assistito di chiedere all’azienda che la prestazione sanitaria sia resa direttamente dal professionista scelto dall’assistito ed erogata al domicilio dell’assistito medesimo. Inoltre, ed è questa la grande novità rispetto ad altri ddl già presentati in materia, si prevedono norme sullo sviluppo di carriera e sugli incarichi sia professionali che gestionali. Ad esempio si chiede esplicitamente di attribuire al professionista sanitario con adeguato curriculum «incarichi di alta specializzazione, di consulenza, di studio e di ricerca, ispettivi, di verifica e di controllo, incarichi gestionali, didattici e di ricerca, nonché incarichi gestionali di valenza dipartimentale» e anche incarichi gestionali con «funzioni di organizzazione della struttura, da attuare nell’ambito degli indirizzi operativi e gestionali del dipartimento di appartenenza».
«Questo ddl – spiega la senatrice Boldrini a Sanità Informazione – nasce dal fatto che comunque ormai è evidente che anche le professioni sanitarie hanno avuto uno sviluppo enorme nella loro professionalità. L’infermiere, ad esempio, ha avuto una evoluzione e una progressione enormi, anche da un punto di vista formativo: ora gli infermieri sono laureati. Con questo Ddl vogliamo dare un’ulteriore possibilità a questa professione, quella di poter percorrere anche l’attività libero professionale. È una proposta di legge che va in sinergia con l’altra sull’infermiere di comunità che è tornata di grande attualità con l’emergenza Covid».
Secondo Boldrini è dunque giunto il momento di riconoscere un ruolo diverso all’interno del Sistema sanitario nazionale a queste professioni, sempre più analogo a quello della dirigenza medica: «Nell’ambito di questa emergenza Covid-19 i medici hanno fatto molto ma senza gli infermieri non si sarebbe arrivati a salvare tante vite. Ognuno ha la sua professionalità. Non ci deve essere più conflittualità tra le professioni ma una collaborazione messa in pratica da tanti anni negli altri Paesi. Per gli infermieri è il momento di avere lo status giuridico di libero professionista».
Importante anche l’aspetto riguardante la formazione: il ddl prevede per l’affidamento degli incarichi di professionista specialista e di professionista coordinatore, come titolo preferenziale, il possesso della laurea magistrale o specialistica.
«La libera professione non è una cosa semplicissima – sottolinea Boldrini -. Se uno si approccia al livello professionale deve avere delle attitudini e una formazione alla base importanti perché chi fa libera professione è direttamente responsabile di quello che fa e quello che dice. Chi farà questa attività anche nell’ambito dell’azienda sanitaria deve comunque condividere questo percorso con l’azienda stessa. Bisogna far sì che tutti siano ormai all’altezza, anche solo per quanto riguarda la gestione manageriale del paziente, la presa in carico. Il sistema sanitario è complesso. Non si tratta più di una semplice medicazione, ma di una presa in carico. Ci sono già le specializzazioni per gli infermieri. C’è il coordinatore, che ha una funzione più amministrativa. Ora è il momento di ampliare queste possibilità, avere una formazione più ampia e specifica».
Proprio sul tema della formazione degli infermieri, la Boldrini contesta il decreto ministeriale 82 del 14 maggio 2020 del Ministro dell’Università Gaetano Manfredi che modifica il numero minimo di docenti di riferimento dei corsi di laurea in Infermieristica, passando da 5 a 3, e per quanto concerne i docenti a tempo indeterminato, da 3 a 1. «Una scelta che va in totale controtendenza con il percorso di crescita di competenze e di autonomia professionale che le professioni sanitarie hanno fatto in questi anni – sottolinea la senatrice dem -. Spero che il ministro Manfredi si ravveda».