Una ricerca dell’Imperial College London sulla rivista scientifica Nature stabilisce che le dure misure di chiusura sono state efficaci, salvando moltissime vite. Il risultato è arrivato studiando i dati di 11 Paesi europei, tra cui l’Italia
Il lockdown è stata una misura dura e sofferta, ma ha salvato moltissime vite. Parla chiaro una ricerca apparsa su “Nature”, portata avanti dai ricercatori dell’Imperial College London. I blocchi su larga scala e gli altri interventi che hanno limitato la circolazione delle persone in questi mesi, sarebbero stati un’arma importante per l’Europa nel ridurre la trasmissione del Sars-CoV-2 e dare una stretta all’epidemia. Per un totale di 3,1 milioni di morti evitate, secondo lo studio.
Una stima che si basa sui dati di 11 Paesi, tra cui l’Italia, registrati fino all’inizio di maggio. Dalla chiusura delle scuole fino all’istituzione di “zone rosse”, dal 2 al 29 marzo le misure non farmacologiche si sono susseguite in tutti i territori, anche se in modalità diverse. «Misurare l’efficacia di questi interventi – si legge – può indicare gli indirizzi più utili a tenere sotto controllo il virus».
Non solo controllando Rt, il tasso di contagiosità, ma anche calcolando retrospettivamente i livelli di infezione, analizzando i decessi registrati. In quanto i dati sulle morti sono considerati i numeri più attendibili di questa pandemia, per quanto con una percentuale riconosciuta di errore. Proprio su questi si è focalizzato il team di Seth Flaxman e Samir Bhatt per calcolare l’efficacia delle misure.
Nei Paesi selezionati, tra cui Regno Unito, Spagna, Italia, Germania e Belgio, la ricerca stima che fino al 4 maggio scorso tra 12 e 15 milioni di persone siano state contagiate: dal 3,2% al 4% della popolazione, «con ampie fluttuazioni da Paese a Paese». Dal confronto con il numero di decessi previsto dal modello in assenza di interventi, sono oltre 3 milioni le morti evitate. Ci sono ovviamente delle limitazioni. Il modello prevede che ogni misura abbia avuto lo stesso effetto in tutti i Paesi anche se così non è stato, specificano gli scienziati. Ribadendo però «l’effetto sostanziale» registrato nel portare l’indice Rt al di sotto di 1.
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